E la stampa amica corre a rivalutare il romanziere Dario

Da vice di Veltroni fu paragonato a Borges e Kafja, oggi il titolare della Cultura "vale Zavattini"

E la stampa amica corre a rivalutare il romanziere Dario

I maligni dicono che Dario Franceschini sia stato nominato ministro dei Beni culturali come ricompensa per avere pugnalato alla schiena Enrico Letta. Secondo altri, è semplicemente l'uomo giusto al posto giusto. Il nuovo titolare del Collegio Romano, infatti, ha pubblicato diversi libri tra cui alcuni romanzi, l'ultimo si intitola Mestieri immateriali di Sebastiano Delgado (Bompiani). Dopo un periodo di appannamento, in cui a nessuno sembrava importare della produzione artistica di Franceschini, l'altro giorno La Stampa ne ha improvvisamente avviato la rivalutazione critica. «Il Franceschini scrittore - scrive Mario Baudino - guarda a spiriti acri e ribelli, magari un Roberto Bolaño, certamente uno Zavattini». Così, tanto per non esagerare. Il ministro, concede il quotidiano di Torino, non è un best seller «ma ha sempre avuto un buon successo di critica, è stato tradotto in Francia, ha lettori fedeli».
Torniamo un attimo indietro. Ai tempi in cui Franceschini era il vice di Veltroni, altro colosso della letteratura italiana, uscì il romanzo La follia improvvisa di Ignacio Rando (Bompiani). Era il 2007. Fu una corsa all'elogio sperticato. L'Unità, il Corriere della Sera e Vanity Fair si sbilanciarono e fecero il nome di Gabriel García Márquez per quel tocco di «realismo magico» ambientato tra le nebbie padane. Gabriel García Franceschini si schermì con modestia, rifiutò il paragone col premio Nobel per la letteratura, e propose quello con «Zavattini, Fellini e le pitture naïf di Ligabue». Già che c'era, ammise di avvertire una certa consonanza tra le sue opere e l'Espressionismo «perché guarda la realtà con lo sguardo rivolto all'interno». Secondo Concita De Gregorio, già laudatrice incondizionata di Veltroni, la prosa di Franceschini era «fluida e densa... leggera nell'inseguire il precipizio, precisa nel percorrerlo». Originale il punto di vista di Adriano Sofri, già laudatore incondizionato di Veltroni (che arrivò a paragonare a Giacomo Leopardi). Sofri sottolineò che Franceschini «scrive bene» e «ha delle storie da raccontare». Improprio invece il paragone con Márquez, più sensato quello con Gogol e Kafka, come scrisse sul Foglio: «Altro che realismo magico, l'inizio sembra Gogol tradotto, e bene, da uno che abbia letto Kafka». Vi sembra uno sproposito? Nient'affatto. Franz Franceschini, se potesse scegliere un personaggio della letteratura in cui trasformarsi, diventerebbe proprio «lo scarafaggio della Metamorfosi di Kafka» per scoprire finalmente «come si vive da insetto». A patto, però, «di poter tornare indietro».
Nel 2011 uscì il romanzo Daccapo. Concita de Gregorio si mise sull'attenti: «Mi sono trovata dentro a un meccanismo perfetto di luci e ombre, di bene e male che si contaminano». Corrado Augias, quello beccato a copiare le conclusioni della sua (?) Disputa su Dio, spese tutta la sua autorevolezza: «Non sono rari in questo libro risvolti di tipo teatrale. Ce ne sono un paio che a me sono sembrati proprio di stampo pirandelliano». Ecco, Pirandello mancava. Si pronunciò anche Roberto Vecchioni: «È uno dei primi romanzi che leggo dove non ho trovato nessuna cosa che assomigli a un altro romanzo. È veramente originalissimo». Intervenne l'onorevole del Partito democratico Gianrico Carofiglio: «È un tema borgesiano, quest'idea dell'assenza di soluzione di continuità tra vita e libri, tra magia e realtà, tra fantasia e concretezza». Infine l'incoronazione definitiva, addirittura da parte di Jovanotti che auspicava per Jorge Luis Franceschini un futuro da artista a tempo pieno, lontano dal Parlamento. Magari, Lorenzo, magari.
Quello stesso anno, però, Franceschini subì un grave torto: non fu invitato dal Festivaletteratura di Mantova, che pure invita autori del calibro di Serena Dandini. Il Bolaño di Ferrara denunciò di essere stato discriminato in quanto politico: «Se avessero detto no perché il romanzo era scritto male me la sarei presa meno». Aprì il dibattito sulla sua pagina Facebook dove qualcuno scrisse di essere contento nel vedere un membro della casta «perdere almeno per una volta».


Ora che è al Collegio Romano, Franceschini potrà perfino inaugurare il Salone del Libro di Torino, altro che Festivaletteratura. L'importante, però, è che non perda la sua vena creativa. Titolo suggerito per il prossimo romanzo: Cent'anni di piaggeria.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica