Più che il 99 e rotti per cento sulla compatibilità del Dna, l'unica vera certezza nelle indagini sull'uccisione di Yara Gambirasio è che siamo di nuovo all'inizio dell'inchiesta. Se non c'è dubbio sul Dna, restano tuttavia moltissimi elementi da chiarire: mancano il movente, l'arma del delitto, una ricostruzione di quei tragici fatti. Il quadro investigativo è una tela bianca. E anche gli elementi-chiave in mano agli inquirenti contro Massimo Giuseppe Bossetti, il 43enne muratore di Mapello in carcere da lunedì per l'omicidio, presentano rovesci della medaglia che la difesa dell'indagato potrebbe volgere a proprio favore.
Il Dna
Gli investigatori ne sono certi: il Dna di «Ignoto 1» è quello di Massimo Giuseppe Bossetti. Esiste una piena compatibilità di 21 marcatori quando, nelle indagini di genetica forense, ne vengono considerati sufficienti 16/17. Il Dna è un semplice indizio o una prova? La questione non è chiara. Perché il materiale biologico di Bossetti si trovava su leggings e slip di Yara? L'uomo non se lo spiega. Ma la difesa potrebbe eccepire su altro. Le tracce da analizzare dovrebbero essere prelevate in un ambiente non contaminato, mentre il corpo di Yara è rimasto all'aperto nel campo di Chignolo d'Isola per tre mesi. E da quale liquido organico è stato estratto il Dna? Mistero. Esclusi sperma, saliva e sudore, si ritiene si tratti di sangue soltanto per deduzione. La natura del materiale biologico esaminato non si conosce e non si conoscerà mai, perché le tracce di Dna erano talmente microscopiche da essersi esaurite. E così non si potranno effettuare altre verifiche, neppure in sede processuale.
La polvere di calce
Negli indumenti e nei polmoni di Yara sono state ritrovate «polveri riconducibili a calce», materiale largamente usato nell'edilizia. Secondo gli investigatori sarebbe escluso che la ragazza le abbia inalate a casa, in palestra, in piscina o nel campo dove è morta. Bossetti fa il muratore, dunque maneggia abitualmente sacchi di calce. Ma anche il papà di Yara lavora, come geometra, nel campo dell'edilizia.
I tabulati telefonici
Il telefonino di Yara (che non è stato ritrovato) riceve l'ultimo sms da un'amica alle 18,49. Un'ora prima, alle 17,45 il telefonino di Bossetti è agganciato alla stessa cella di via Natta a Mapello: il muratore parla con il cognato. Poi l'apparecchio si spegne fino alle 7,44 del giorno dopo: Bossetti dice che era scarico. Ciò tuttavia non prova che l'uomo si trovasse a contatto con Yara, perché la cella cui sono agganciati i due telefonini copre sia la zona della palestra di Brembate sia la casa di Bossetti a Piana di Mapello, a 7 chilometri di distanza. E il telefonino di Bossetti non aggancia l'area di Chignolo d'Isola dove è stato ritrovato il corpo. Ma se il telefonino di Bossetti si trovava nei pressi di quello di Yara, come mai gli investigatori non hanno convocato Bossetti quando hanno condotto il massiccio «screening» sul Dna di 18mila bergamaschi?
La presenza a Brembate
Secondo vari negozianti Bossetti si recava spesso a Brembate ed era loro cliente: l'hanno testimoniato, tra gli altri, un barista e la titolare del centro estetico dove l'uomo si abbronzava. Il fratellino di Yara ha raccontato che lei era pedinata da un uomo «che aveva la barbettina appena tagliata e una macchina grigia lunga». Ma Brembate era meta frequente di Bossetti: ha abitato in paese fino al matrimonio e lì risiedono il fratello Fabio e vari amici.
Non c'è traccia di frequentazione con la famiglia di Yara ed è escluso che Bossetti frequentasse la stessa palestra. La testimonianza del fratellino è contraddittoria, perché egli ha anche riferito che il pedinatore era «cicciottello» e non ha riconosciuto Bossetti quando gli sono state mostrate le foto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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