Intervento Acea, «pronto» ma non per tutti

Intervento Acea, «pronto» ma non per tutti

Alessia Marani

Lampioni spenti? Nessun problema, l’Acea interviene subito. Sì, ma solo se a segnalare il guasto è l’authority del Campidoglio, altrimenti il cittadino deve aspettare. È quanto viene fuori da un monitoraggio sulla rete dell’illuminazione pubblica a Roma da parte dell’Agenzia per il controllo e la qualità dei servizi del Comune effettuato nel mese di giugno. Duecentoventi verifiche a campione distribuite uniformemente sui diciannove municipi della Capitale, di cui cinquantuno richieste a nome di residenti qualunque: risultato? Nel primo caso (segnalazioni su lista ufficiale a firma del responsabile dell’Agenzia) ben 147 lampade non funzionanti (l’87 per cento) sono state sostituite o riparate in meno di quindici giorni, fino a 157 (il 93 per cento) entro trenta; nel secondo (segnalazione a mezzo di call center) solo 35 (il 70 per cento) sono state riattivate in quindici giorni, 39 nei trenta (solo il 76 per cento), termine dopo cui scatta la penale. Cento euro per ogni giorno di mancato intervento che l’Acea deve far tornare nelle casse capitoline così come previsto da una specifica clausola introdotta nel 2002 al contratto di servizio, scaduto a dicembre scorso e attualmente in regime di proroga. Insomma: che almeno, questa volta, il controllo dell’authority abbia fatto recuperare ai contribuenti-utenti qualche euro? Nemmeno per sogno. Perchè, si scopre, a poter «chiedere il conto» all’ex municipalizzata è solo il XII Dipartimento capitolino, l’ufficio che ha ufficialmente sottoscritto il contratto e, quindi, delegato alla supervisione. «Esiste una squadra ad hoc - fanno sapere dall’Agenzia - nel dipartimento preposta a questi riscontri. Se dalla segnalazione dell’ufficio alla riparazione passano più di trenta giorni si applica la penale. Cosa che, dunque, non avviene se la comunicazione parte dal numero verde, ossia da un qualsiasi cittadino».
Secondo l’authority, comunque, l’Acea sarebbe in grado di indicare nel prossimo contratto tempi ancora minori di intervento rispetto ai quindici giorni attuali migliorando il servizio. «Se l’83 per cento complessivo del campione totale - spiegano in una nota il presidente Bernardo Pizzetti, il suo vice Federico Colosi e il consigliere comunale delegato Sergio Migliorini - viene riparato nel 15 giorni previsti, vuol dire che si può chiedere di restringere i tempi fino a equiparare gli standard romani a quelli di altre città italiane». Non basta. Se pure rispetto al 2003 e al primo trimestre 2004, il valore delle riparazioni a 30 giorni (89 per cento) ha superato il picco massimo raggiunto precedentemente (81 per cento), altre difficoltà nella segnalazione dei guasti vengono trovate nella mancanza di numerose targhette (obbligatorie) recanti su ciascun palo il numero di serie e il numero verde da chiamare in caso di malfunzionamenti. «Fatto che ostacola gli interventi soprattutto laddove servono maggiormente - dicono all’Agenzia di via Cola di Rienzo -, nei luoghi più bui o sulle strade più isolate dove la buona illuminazione è fondamentale per la sicurezza in genere».


Come mai la capitale d’Italia non sia ancora in grado di offrire a tutti i romani in egual misura la stessa qualità nella pubblica illuminazione, lo chiede, invece, il vicepresidente del consiglio comunale, Fabio Sabbatani Schiuma: «L’Authority sostanzialmente promuove Acea - sottolinea - eppure tante, troppe, periferie di Roma restano al buio. Laurentino, Tiburtino, Centocelle, per citarne alcune. Persino nel centro storico ci sono strade illuminate in maniera inadeguata. Disservizi che finiscono per incrementare il terreno fertile della microcriminalità».

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