Intesa conquista Monte Parma «Bruciate» Bpm e Pop. Vicenza

Gli artificieri della Federal Reserve sono pronti: allo scopo di disinnescare quella miscela esplosiva fatta di lenta crescita economica, elevata disoccupazione e inflazione pericolosamente bassa, verranno impiegate nuove misure straordinarie di stimolo. Ieri il numero uno dell’istituto centrale, Ben Bernanke, in un discorso alla Fed di Boston, ha mantenuto coperte le carte su tempistica, entità e modalità dell’ulteriore azione di quantitative easing, ma a questo punto sembra molto probabile che la prossima riunione del Fomc (il braccio operativo in materia di politica monetaria), in agenda il 2-3 novembre prossimi, sarà l’occasione buona per passare dalle parole ai fatti.
Ulteriori tentennamenti sembrano del resto sconsigliati da un quadro economico non privo di criticità. Dopo l’illusione creata nel quarto trimestre 2009 di una recovery rapida e indolore, l’America si è invece trovata a fronteggiare una ripresa «letargica» e incapace di invertire il lungo trend negativo del mercato del lavoro. Questo scenario è destinato a perdurare oltre la fine dell’anno in corso. Con lo sguardo già rivolto al 2011, il successore di Greenspan è convinto che la crescita sarà più vigorosa, ma non al punto da far scendere significativamente il tasso dei senza lavoro, in agosto (ultimo dato disponibile) pari al 9,6%. «La creazione di nuovi posti di lavoro potrebbe non superare di molto l’aumento delle dimensioni della forza lavoro, e questo implica che la disoccupazione diminuirà solo lentamente».
Bernanke è molto preoccupato per una ripresa del mercato del lavoro «dolorosamente lenta». Ovviamente, ha ragione. Troppi disoccupati significano minori consumi. Le spese private sono infatti da tempo sotto gli abituali standard Usa. Così l’inflazione tende a scendere. L’1,1% di settembre è ampiamente sotto l’obiettivo del 2% fissato dalla Fed, e per la prima volta Bernanke ha pronunciato la parola proibita, deflazione, i cui rischi sono ora «più alti di quanto sia desiderabile». La banca centrale non esclude insomma l’ipotesi di prezzi in calo prolungato e generalizzato. Una spirale perversa: i consumatori, nella convinzione di un ulteriore raffreddamento del costo della vita, rimandano gli acquisti; le aziende, non vendendo, continuano a licenziare.
L’istituto di Washington non ritiene «un fatto strutturale» l’attuale livello dei senza-lavoro. Di sicuro, però, le incertezze sulla ripresa stanno fiaccando la fiducia dei consumatori, calata a sorpresa in ottobre. È un altro segnale che potrebbe indurre la Fed a rompere gli indugi, nonostante all’interno della banca non tutti i governatori siano convinti della necessità di nuovi stimoli. «Le politiche non convenzionali hanno costi e benefici - ha spiegato Bernanke - che vanno presi in considerazione nel giudicare se e quanto aggressivamente agire». L’intervento, verosimilmente, dovrebbe ancora una volta prevedere un acquisto massiccio di titoli di Stato in modo da far calare i tassi di interesse di lungo periodo, incentivare i consumi e far scendere la disoccupazione.
L’ormai quasi certa mossa della Fed ha avuto riflessi ieri sui mercati valutari, dove l’euro si è proiettato fino 1,4155 dollari.

Il Fondo monetario internazionale ha annunciato la convocazione di una riunione dei banchieri centrali a Shanghai lunedì prossimo. Il meeting è stato convocato su invito della Banca centrale cinese nel quadro degli sforzi tesi ad assicurare la stabilità del sistema finanziario.

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