Roma Bossi cede sulla fine della missione ma punta i piedi sull’eventuale intervento di terra. Berlusconi tira dritto sui raid ma con alcuni paletti. In sostanza un pareggio. Tra Silvio e Umberto è l’ora della schiarita: d’altronde nessuno dei due ha interesse a morire per la Libia. Tradotto: il governo resta in piedi nonostante tra Berlusconi e Bossi ci sia stato un picco di gelo. Al Senatùr non è andata giù l’accelerazione sulla missione decisa alla vigilia del vertice di Roma con Sarkozy; mentre il Cavaliere ha mal digerito i toni ultimativi dell’alleato e il suo negarsi al telefono. Uno, il premier, ha fatto ammenda riconoscendo di aver sbagliato a non consultare l’amico. L’altro, il leader della Lega, ha aperto una trattativa col Pdl e con i Responsabili per non mandare tutto all’aria. A spazzare via le nubi tra i due c’è l’accordo dietro l’angolo su una mozione condivisa che ricalchi i desiderata della Lega.
L’apertura ai voleri del Carroccio era arrivata direttamente dal Cavaliere, in mattinata: «Per domani (oggi per chi legge, ndr) non credo che ci saranno difficoltà per il governo, la Lega è una componente essenziale della coalizione, ha presentato una mozione che ho già dichiarato essere una presa di posizione anche ragionevole: potremmo o approvarla integralmente oppure modificarla in parte, ma il senso è senz’altro da condividere». E ancora: «La tenuta della maggioranza non è mai stata a rischio».
Bossi, dal canto suo, ha pigiato sul tasto della realpolitik: «Berlusconi non è mica scemo, non vota per far cadere il governo».
Tuttavia quello che il Senatùr ha letto come uno sgarro di Silvio ha lasciato strascichi pesanti nei rapporti tra i due leader. Ieri sera l’auspicato incontro non era ancora avvenuto e Berlusconi e Bossi dovrebbero vedersi soltanto questa mattina a palazzo Grazioli. Svanita anche la possibilità che i due si parlassero in volo, sull’aereo diretto a Roma. La strada pare però segnata: l’accordo s’ha da fare e si farà, partendo dai paletti piazzati dalla Lega.
Detto questo il testo che verrà presentato oggi alla Camera e presumibilmente votato mercoledì, sta per essere limato. Stamattina si terrà un summit a Montecitorio tra gli alleati di governo per sciogliere gli ultimi nodi. La mozione del Carroccio, che farà da piattaforma di base, presenta infatti qualche scoglio. Innanzitutto il punto 3, relativo alla individuazione di un termine temporale certo entro cui far concludere le operazioni militari.
Legittimamente ci si augura che il conflitto sia breve ma è impossibile stabilire a tavolino, e in anticipo, la data della fine delle ostilità. Qualora Gheddafi continuasse a colpire i ribelli e i civili, i raid verosimilmente proseguirebbero.
La via d’uscita potrebbe essere quella di introdurre una formula del tipo: «La missione andrà avanti fino a quando i civili non saranno fuori pericolo». Con l’aggiunta di stabilire check periodici in seno alla Nato, volti a scongiurare che le operazioni vadano avanti per troppo tempo. La soluzione potrebbe essere quella di mettere un paletto di «alcuni mesi», ancorandolo allo stato della missione. Escamotage o meno, sembra l’unica strada da percorrere per non andare a sbattere. Un’ipotesi, quella dello scontro, che non vuole nessuno. Né Bossi né Berlusconi.
Ma se l’elemento sul termine temporale della missione potrebbe essere letto come un cedimento del Carroccio, Bossi sarebbe orientato a puntare i piedi sul «no» assoluto all’ipotesi di inviare uomini in Libia. Insomma, neppure in futuro i militari italiani dovranno calpestare il territorio libico. D’altronde il partito di Bossi è sempre stato contrario agli interventi di terra e periodicamente chiede il ritiro dei nostri soldati impegnati all’estero.
Mentre Bossi ha fatto il punto in via Bellerio con i suoi colonnelli. E questa mattina si farà il bis ma tutti insieme: attorno a un tavolo gli alleati pidiellini, leghisti e Responsabili.
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