da Milano
Generali non si dà pace, ma a sole ventiquattro ore di distanza dallauspicio espresso davanti agli analisti londinesi dallad Giovanni Perissinotto, lAntitrust lascia poche speranze sulla disponibilità di rivedere la cura dimagrante nella bancassurance imposta a Intesa in cambio dellintegrazione con lex Sanpaolo. «Non ci risultano mutamenti sostanziali nelle condizioni di mercato», ha detto il responsabile della direzione credito dellAuthority, Giovanni Calabrò, anche perché «è difficile immaginare che ci sia già stato un impatto», visto che la decisione decorre dal 2008. Una presa di posizione netta, solo in parte mitigata dalla disponibilità, a sottoporre la questione al collegio «ove vi fossero o fossero rappresentati» cambiamenti e Intesa presentasse una «istanza motivata».
Conclusioni distanti dalla tesi delle Generali, persuase che il contesto della bancassurance italiana sia mutato, complice la «flessione degli affari» e il rafforzamento prospettico di concorrenti come la francese Axa che, grazie allacquisto di Antonveneta da parte del Monte Paschi, avrà a disposizione 3mila sportelli. Molti di più, sebbene i calcoli Antitrust si basino su parametri differenti, dei circa 1.600 rimasti alla joint venture Intesa Vita dopo che Ca de Sass ha dovuto convogliare circa mille filiali nella newco Polo Sud Vita, con lobiettivo di aprire a un terzo partner assicurativo. Un impatto difficile da accettare per Generali che mantiene fermo il proprio interesse per il settore. Al momento, come ha confermato Calabrò, negli uffici dellAntitrust non cè alcuna richiesta di Intesa, lunica titolata a muovere. Ma il pressing di Trieste è in crescita e si interseca con i colloqui con cui Generali e Intesa saranno chiamate a rinnovare entro il 2009 gli accordi su cui si regge la stessa joint venture Intesa Vita: tenendo in considerazione che i risicati margini della bancassurance si compensano a fronte di masse elevate. Altro capitolo caldo dal punto di vista Antitrust è quello sulla corporate governance delle Popolari.
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