Investimenti Cina, il fondo sovrano è interessato al dossier Enel

La Cina pianifica gli investimenti in Italia. A fine giugno, in coincidenza con la visita del premier Wen Jibao in Italia, il governo di Pechino sceglierà i prodotti di circa 300 aziende. Si tratta per lo più di beni strumentali, in particolare nei settori dell’energia e della tecnologia, ha spiegato ieri il viceministro Adolfo Urso che si trova a Pechino proprio per preparare la missione. Urso ha incontrato l’omologo cinese Gao Huceng e gli ha consegnato la lista delle aziende disposte a vendere prodotti nei settori di maggiore interesse dei cinesi che è stata elaborata dall’Ice, Confindustria, Confapi. Il gigante asiatico ha iniziato a fare shopping in Europa già da tempo con l’obiettivo di riequilibrare la bilancia commerciale con il Vecchio continente che è sbilanciata troppo a favore dei cinesi. Nel febbraio scorso ci fu una prima missione, ma l’Italia non rientrò tra i paesi scelti da Pechino. Oltre ad acquistare beni, la Cina punta a fare investimenti finanziari.
Ieri Urso ha incontrato il presidente di China Investment Corporation, Gao Hucheng. Il fondo sovrano cinese si è mostrato particolarmente interessato al settore energetico e, in modo ancora più specifico, alle energie rinnovabili, nucleare compreso. Interesse che potrebbe anche trasformarsi nella partecipazione del fondo a una grande compagnia italiana. Molto interesse è stato ad esempio mostrato per Enel. «Comunque i fondi cinesi - ha spiegato Urso - non vengono da noi per comprare pezzi di Paese. Chiedono di partecipare al capitale di aziende nelle quali credono e puntano solo agli utili». Stesso discorso per le aziende medio piccole (dovrebbero essere 33 in particolare nel tessile e nella meccanica) che la Cina potrebbe rilevare. È stata stilata una lista, anche con l’aiuto di Confindustria, di aziende che potrebbero accettare capitali cinesi. O di marchi che potrebbero essere venduti.

Il tutto, assicura il viceministro, sempre che vengano rispettati alcuni requisiti, come il mantenimento dei posti di lavoro, il mantenere in Italia i marchi e precisi impegni anti contraffazione. In cambio i cinesi chiedono che gli sia dia una mano per districarsi nella burocrazia italiana che pare sia troppo complessa anche per loro. A dargli una mano dovrebbe essere Invitalia.

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