Cultura e Spettacoli

«Io, alieno, prendo decisioni umane»

Roma Sembra uscito dal grande schermo. L’elegante completo scuro è più o meno lo stesso che porta per tutto il film. La barbetta scolpita è identica a quella della prima sequenza di Ultimatum alla terra. L’umore del 44enne Keanu Reeves invece no. Per fortuna, nonostante una Roma uggiosa, è migliore di quello dell’algido alieno Klaatu calato sul nostro pianeta per lanciare un ultimatum ecologista: o si cambia o si muore. Fortuna che c’è la splendida Jennifer Connelly a portarlo a più miti consigli. Anche gli alieni hanno un cuore...
Mr. Reeves perché proprio un alieno?
«Serve a raccontare una storia e gli esseri umani hanno bisogno delle storie per riuscire a studiare e capire se stessi. Credo proprio che ci sia bisogno di un alieno anche per noi».
Ma sì, una bella invasione...
«È una battuta. Il nostro pianeta se la sta cavando abbastanza bene da solo per farci capire in che direzione va. I cambiamenti sono tali che ci indurranno a prendere dei provvedimenti».
Se vedesse un alieno si meraviglierebbe?
«E perché dovrei? Non penso certo che nel cosmo siamo noi l’unica razza senziente. Ho molti amici che mi hanno detto di aver avuto dei rapporti con gli Ufo e non vedo perché non crederci».
Nella vita s’è mai sentito un extraterrestre?
«Sì certo, quando sono andato in una nuova scuola superiore».
Cosa c’è di diverso nel suo personaggio rispetto all’originale del ’51?
«Lì Klaatu sembra buono ma se ne va con una minaccia. Qui invece all’inizio è sinistro e poi acquista caratteristiche umane e prende decisioni umane».
Trova che sia un po’ messianico?
«C’è sicuramente nel film quest’aspetto positivo della cultura cristiana».
I film di fantascienza preferiti, a parte questo?
«I soliti: Star Wars, Blade Runner, Solaris, 2001: odissea nello spazio».
A quando «Matrix 4»?
«Credo che il mio viaggio in questa saga sia completo. Non vedo che cos’altro si potrebbe aggiungere».
Le piace ancora recitare?
«Certo, mi dà tantissimo. È una bellissima gabbia in cui mi racchiudo. Mettersi nei panni degli altri mi dà un grande senso di libertà. Sembrerà infantile, ma recitare è puro divertimento».
In «Ultimatum alla terra» ha contribuito alla sceneggiatura.
«Poter partecipare alla stesura e collaborare con il regista Scott Derrickson e con lo sceneggiatore David Scarpa è stata una grande opportunità. Il mio contributo l’ho dato sulla recitazione, dicendo che cosa andava bene o male nel mio personaggio».
Stranamente nel film non si vede mai il presidente degli Stati Uniti, come mai?
«Credo perché l’idea del presidente è di una figura fissa, immutabile nelle scelte. Noi invece con il personaggio del segretario di Stato alla Difesa, interpretato da Kathy Bates, abbiamo fatto vedere che alla fine si può sempre cambiare».
L’America ora ha scelto Obama, il futuro è radioso?
«Mi auguro che mantenga le promesse.

E io posso solo dirgli: buona fortuna!».

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