Il segreto di Bruno Vespa per riuscire a fare tutte le cose che fa è – come dice sempre lui – «metterle in fila». Io sono stato messo in fila alle 11,30 nel suo studio di Porta a Porta. Vespa entra dopo un minuto e si scusa «per il ritardo». Questo dà l’idea della sua puntigliosa concezione del tempo. Mi dà la mano (nell’altra ha il suo ultimo libro, Viaggio in un’Italia diversa) e fa le presentazioni. Indica un tavolo: «È l’ex scrivania di Willy De Luca e serve alle riunioni». Piroetta e si rivolge a una sedia girevole. «È la poltrona di quando dirigevo il Tg1. Lo scrittoio invece è anonimo. Ma detesto gli scrittoi. Quando a casa scrivo, siedo al massimo due ore. Anche qui in tv sono sempre in giro, dalle nove alle due di notte, mai allo scrittoio. Ora però faccio un’eccezione per te».
Siede, poggia il libro sul ripiano e me lo dedica.
«Come caspita fai? Sforni un volume l’anno dal 1993. Sei ogni sera in tv. Scrivi articoli su metà dei giornali italiani. Mandrake?», mi informo.
«Metto le cose in fila», dice automaticamente.
«Fai più cose di quante siano le ore del giorno».
«Non ragiono a ore, ma a sottomultipli. La media per un articolo è tra i 30 e i 40 minuti. In tv ho una squadra eccellente. I libri sono il mio hobby. Per l’ultimo, sui disagi degli italiani, ho girato il Paese. Andare a Scampìa o ai Quartieri spagnoli (rioni far west di Napoli, ndr), vale per me dieci weekend».
Non ho la forza di commentare. Sono in preda a un calo di zuccheri per l’immedesimazione col vispo sessantaquattrenne.
Vespa lascia lo scrittoio che detesta e siede davanti a me.
«Ti consideri il numero uno del talk show politico?», chiedo con un filo di voce.
«Esistono tanti numeri uno, in base alla tipologia della trasmissione», dice con apparente modestia. Ma aggiunge: «Sono il numero uno dell’abbigliamento classico e, diciamolo, elegante. Gli altri si vestono in un altro modo», e mentre il pensiero corre ai jeans di Michele Santoro, Vespa abbassa compiaciuto lo sguardo su di sé. Completo grigio Principe di Galles, camicia con le cifre B.V., cravatta color salmone, Church’s da milord. «Per la tv però, è meglio l’abito scuro. Il grigio frigge», e mima lo sfrigolìo con le dita. «Stasera per la trasmissione mi cambio» e mi fa dono del libro.
«Fai Porta a Porta da quasi 13 anni. Sei il più inamovibile dei conduttori», dico.
«Augias, Piero Angela, Costanzo, sono in giro da più tempo. Senza contare la buonanima di Biagi. Se una cosa funziona il pubblico si affeziona», replica.
«Ti rinfacciano la cerimoniosità coi politici al limite dell’adulazione».
«Aspetto con ansia di conoscere l’elenco delle domande che non avrei fatto. Non sono molti i colleghi che ribadiscono la domanda se l’ospite non risponde. Io lo faccio più volte finché è chiaro che l’altro vuole sfuggire. Se cerimonioso vuole dire educato, mi riconosco. Se compiacente, no». E lascia cadere: «Altri sono meno bene educati e più cerimoniosi. Dietro un pugno di ferro nascondono un barattolo di Nutella».
«Chi?».
«Chi fa trasmissioni a tesi. Pugno di ferro per alcuni, Nutella per altri».
«Beppe Grillo ha detto di te: “Chi striscia non inciampa”».
«Sono un ammiratore di Grillo. Riuscire a fare i miliardi arringando la folla con la maschera dell’idealista, ma che è solo commerciale, è da geni».
«Una intercettazione del 2005 ti ha beccato mentre prendi accordi col portavoce di Gianfranco Fini per “costruirgli un Porta a Porta su misura”».
«Calipari era stato appena ucciso dagli americani in Irak e Fini era ministro degli Esteri. Spiegami tu se sarebbe mai venuto se avesse avuto una platea avversa. Tra l’altro, in quei giorni il fratello di Bush era a Roma e Fini voleva assicurazioni che non lo avrebbe incontrato a Porta a Porta».
«Il presidente Rai, Claudio Petruccioli, commentò: “Se le cose stanno così, giornalismo miserevole”. Si riferiva alla tua intercettazione».
«Ma le cose non stavano così e credo si sia ravveduto».
«Hai debuttato come giornalista a 16 anni. In 48 anni, che hai capito del mestiere?».
«Che è bello. Se per il libro ho avuto voglia di girare l’Italia vuole dire che ne sono ancora innamorato».
«Hai un maestro?».
«Montanelli. Scrittura ineguagliabile. Ma se dovessi confondere il vero con il verosimile come faceva lui, mi avrebbero licenziato da un pezzo. Per la tv, il mio modello è Sergio Zavoli».
«I giornali sono pieni di anticipazioni del tuo libro. Potenza di Vespa, della Mondadori o che?».
«Secondo te, c’è una Onlus pro Vespa o i giornali ritengono che valga la pena pubblicare le mie pagine? Aldo Grasso (critico tv del Corsera, ndr) esplode di rabbia se mi fanno un paio di domande in tv sul libro e sta invece zitto se i suoi cari amici del Corriere, Stella e Rizzo, occupano tre trasmissioni di Mentana e un’intera puntata di Tv7 condotta da Gianni Riotta. L’invidia è il motore del mondo», dice e sbircia con intenzione l’ora.
Ammiro senza riserve il suo abbagliante orologio d’oro da Creso, ma reagisco seccamente: «Mi devi un minuto di recupero». Però accelero.
Guadagni più con la tv o con i diritti d’autore?
«Sicuramente con la tv, anche se ho sempre guadagnato meno – fin da praticante – dei miei parigrado».
Quanto prendi?
«Il mio contratto, guarda caso, è il solo che dopo la firma sia sbandierato urbi et orbi. Con gli altri, silenzio di tomba. Mi dispiace che non siano resi pubblici anche quelli. Ci divertiremmo. In Rai, c’è perfino un illustre signore molto ben coperto a sinistra che ha un minimo garantito a prescindere da quello che fa e la trasmissione gli è pagata a parte. Ma queste cose non escono».
Facciamolo noi. Il nome?
«Non è elegante».
Peggio per te. Intanto, non hai risposto: quanto incassi?
«Lordi, 1,2 milioni l’anno. Ma Porta a Porta rende quattro volte il suo costo. Una trasmissione di Benigni costa nove volte la mia e ha meno audience. Ma si sa, l’arte non ha prezzo».
Incolpi l’invidia. Anche altri però, vedi Santoro o Mentana, hanno successo. Ma non sono presi di mira. Come lo spieghi?
«Sono l’unico giornalista non di sinistra che è arrivato dove è arrivato. La cosa è vissuta come una sgradevole anomalia».
Criticano anche i tuoi nei.
«Nessuno è perfetto».
Su di te invece mai pettegolezzi sentimentali. Terrore di tua moglie magistrato o sei al di là di ogni tentazione?
«La seconda che hai detto».
Parole tue: «Chiunque mi abbia fatto del male, alla fine non ne ha tratto beneficio». Un voodoo?
«Io porto bene. Vengo addirittura toccato come portafortuna. Ma per uno strano scherzo del destino, chi parla male di me se ne pente. O mi confessa di essere dispiaciuto o me lo fa capire».
Il tuo grande scoop?
«La telefonata di papa Wojtyla a Porta a Porta nel ’98».
Sei un democristianone.
«Mai militato. Senza dubbio però la Dc è il partito che ha interpretato meglio il Paese. Mi è capitato di votarla».
Per Andreotti Porta a Porta è la terza Camera. Hai creato una repubblica televisiva e bananiera?
«La definizione ha un fondamento tecnico. Un amico dimostrò ad Andreotti che se un suo discorso in Senato valeva uno, la sua risonanza a Porta a Porta schizzava a 16. E ora, Andreotti parla più da me che in Senato».
Alessandra Mussolini dice: «Vespa è mio zio». Leggenda vuole che tu sia figlio del duce cui somigli. Ci ridi o ti arrabbi?
«Ci rido molto. Mio fratello meno. Ma se Alessandra fosse davvero mia nipote ogni tanto la sculaccerei per le sue intemperanze».
Politici a parte, quali dei tuoi ospiti, giornalisti, belle donne, ecc. è il più efficace?
«Se inviti delle persone a tavola non dici quella che mangia meglio».
Il Cav buca lo schermo?
«È molto migliorato. Prima si parlava troppo addosso».
Degli altri, qual è il migliore?
«Molto efficace è la new entry Renato Brunetta».
Chi è invece una frana?
«Le frane non vengono invitate. Se capita, sono circondate da un manipolo di vigili del fuoco».
Chi non inviteresti per noiosità o altro?
«Da alcuni cerchiamo in ogni modo di tenerci lontani. Consorte, quello di Unipol, che insisteva per venire da noi, ci minacciò: “Torno da Mentana”. Gli rispondemmo: “Vada, ci garantisce gli ascolti”. Da Mentana aveva fatto cinque punti di share. A tu per tu, però, Consorte è piacevole e intelligente».
Chi preferisci tra i due simili Santoro e Floris?
«Non sono simili. Né portano acqua allo stesso mulino. Se Santoro entrasse in un monastero, la sinistra non ne farebbe una malattia. Se ci entrasse Floris, sì».
Maurizio Costanzo?
«È quello che ha aperto la nostra strada, portando il talk show in Italia. Ma i nostri due mondi sono ormai diversissimi».
A Porta a Porta c’è spesso Feltri per la sua ironia. Anche Travaglio è ironico ma non lo inviti.
«Noi abbiamo sulla scrivania il Codice penale. Da noi vale, mentre in altre trasmissioni c’è una specie di fortunata immunità».
Resterai nella storia del giornalismo?
«Se la storia si abbassa fino al mio livello... forse sì».
Finale alla Marzullo: cosa pensa Vespa di Vespa?
«Che è stato un uomo fortunato».
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