Gaia Cesare
Il suo nome d'arte, Shams, vuol dire «sole». Gli arabi lo hanno scelto quando l'hanno vista ballare: sinuosa e solare. E di quelle terre, dell'Egitto, della Tunisia, della Giordania ma anche della Turchia, Shams porta nel cuore il ricordo e nelle movenze un'impronta indelebile. Ma lei è figlia di una terra di mezzo, la Bulgaria, figlia di quei Balcani crocevia tra l'Europa e l'Oriente. E figlia adottiva - dice lei - della mamma di tutte le danze: la danza del ventre. «Ce l'ho nel sangue - racconta -. Sono i ritmi della mia terra».
Perché Marina Dimitrova (questo è il suo vero nome) è una bulgara che vive in Italia da oltre vent'anni e che delle contaminazioni, delle commistioni culturali ha subito sempre il fascino. Da piccola si è innamorata di questo ballo, di questa danza «che è la più femminile e la più sensuale che esista» e ora ne ha fatto una professione. In città, in via Tobruk 3, ha aperto un centro culturale che prende il suo nome, Shams per l'appunto, e all'interno del quale oltre a lei, lavorano professionisti argentini di tango e cinesi di thai chi, oltre che insegnanti italiani esperti di danze caraibiche e yoga. Danza etnica, insomma, è la parola d'ordine.
«Sono arrivata in Italia da Sofia per amore. Avevo vent'anni. Per sette ho vissuto in Liguria, facendo solo lavoretti per arrangiarmi. Quando il matrimonio con mio marito è finito, sono tornata alla mia vecchia passione, la danza del ventre. A Sofia avevo studiato presso l'istituto governativo di coreografia. Quando sono arrivata in Italia avevo il mito di questo Paese, mi lasciavo alle spalle il comunismo. Finire in una piccola città di provincia, in Liguria, ha un po' rotto l'incantesimo. Ma ora questa è anche la mia terra e certamente quella di mia figlia, che è italiana a tutti gli effetti», dice Shams. A Milano è arrivata cominciando a lavorare nei locali, facendosi conoscere e valere con ingaggi sempre più importanti, fino alla realizzazione di un sogno: l'apertura del «Circolo culturale Shams», in società con una giovane italiana, Donatella Bennigartner. «A differenza di altri Paesi europei, come la Germania o la Francia dove i locali orientali e la danza mediorientale sono molto diffusi, qui ho trovato pochi veri e seri professionisti. E a molti italiani ho dovuto insegnare che la danza del ventre non è una prerogativa esclusiva dei Paesi arabi».
Shams crede che la danza e le iniziative multiculturali siano il modo per rompere quel muro che separa gli italiani dagli extracomunitari. «È un modo per dimostrare che molti di noi non portano qui solo droga, criminalità o sesso a pagamento, ma anche cultura». Un rammarico? Che la comunità dei bulgari sia meno unita, più dispersiva, specie rispetto alle comunità di filippini, cinesi o cingalesi. «D'altra parte, noi siamo anche molto meno numerosi»: 7.400 in tutta la Lombardia, di cui 1.250 a Milano, secondo l'Osservatorio regionale per l'integrazione e la multietnicità. Molti sono giovani, l'82,6% tra i 25 e i 34 anni. Un consolato per loro ha aperto solo da un anno. «È già un buon passo avanti», osserva Shams.
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