da Milano
Il grido di dolore dei contribuenti tartassati dagli studi di settore echeggia anche sulla Rete: le proteste traboccano dai siti di categoria di artigiani e commercianti e arrivano anche al Giornale.
Un caso emblematico è quello di un giovane grafico milanese, al suo secondo anno di attività in proprio. «Pago regolarmente tutte le tasse (troppe) - scrive il nostro lettore - e non faccio nero. Purtroppo, i clienti sono pochi e i guadagni ancora meno. Ma adesso mi si dice che devo pure pagare per quadagni virtuali che avrei dovuto fare e che non ho fatto. Ieri, infatti, mi chiama il mio commercialista e mi dice che cè un problema: in base agli studi di settore per la mia attività, risulta che non sono congruo e quindi devo pagare 5.700 euro per risultare in regola, quasi la metà di quello che ho guadagnato in un anno. Se questo sistema ha una falla (e io ne sono lesempio) - conclude il lettore -, allora è un sistema che va cambiato perché sbagliato».
Sotto accusa è un eccesso di rigidità di cui soffre tutto il sistema economico italiano, ma in particolare i giovani, disincentivati dallattività imprenditoriale, come spiega al Giornale leconomista Mario Deaglio. «Con lultima Finanziaria è cambiata la normativa sulla partita Iva in senso restrittivo, riducendo a un solo anno il periodo di sconti fiscali concessi a chi apriva unattività. È poi sparita la cosiddetta regola del 2 su 3, che prevedeva laccertamento quando risultavano non congrue appunto due annualità su tre: ora laccertamento da studi di settore scatta fin dalla singola annualità non congrua. Per i giovani che vogliono mettersi in proprio, evidentemente, la strada è sempre più in salita. Allora, può sembrare più conveniente scegliere il contratto a progetto: ma si perde quel senso di autonomia e di iniziativa di cui la partita Iva è un segnale».
Lunica possibilità per le «vittime» degli studi di settore è dunque il cosiddetto contraddittorio, a cui lAgenzia delle Entrate chiama il contribuente che non si adegua ai ricavi previsti, perché motivi, prove alla mano, le ragioni per cui i suoi guadagni reali sono inferiori alle cifre stabilite dagli indicatori.
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