«Io, immerso in quella grotta assassina»

Il movimento del mare, fortissimo, mi spinge quasi all'interno e mi sbatte nelle pareti. Sono nella grotta di san Giorgio, dove sono morti padre e figlio sabato scorso. Un anfratto affascinante, adrenalinico e pieno di pericoli. Per entrare in quel sifone, ma soprattutto per uscire, occorre sfruttare la risacca. Se si vuole prendere una boccata d'aria con il naso all'insù in cima a quello stretto «cono rovesciato» sostanzialmente occorre sganciare gran parte dell'attrezzatura. Per fare tutto ciò ci vogliono nervi saldi e soprattutto bisogna scegliere il momento giusto in assoluta sicurezza. Bisogna anche sapere rinunciare e decidere di abortire l'immersione.
In molti, invece, non resistono al tuffo nel fine settimana e sono disposti a tutto. Anche se le condizioni meteomarine sono evidentemente sfavorevoli. E cioè pericolose. Alcuni diving center accettano lo stesso, quando le condizioni a volte sono vicine al limite di sicurezza, di portare i clienti sott'acqua. A Portofino il business è florido.

Anche perché nella riserva marina, ormai, si possono fare immersioni soltanto se accompagnati, appunto, da un diving center abilitato che tuttavia, senza volersi riferire al caso specifico, non sempre può offrire tutte le garanzie. Tanto è vero che, di disgrazie è piena la storia sia del Golfo Paradiso, sia del Tigullio. E le grotte di Portofino non fanno eccezione. In quel sifone e in quella grotta, che poi non è così suggestiva rispetto (...)

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