È anche questione della disciplina che si insegna. Se l’apprendimento può essere oggettivamente verificabile, la valutazione dello studente è semplice: sbaglia il calcolo di un integrale, pensa che un osso appartenga a una mano e invece è di un piede? Meriterà un voto basso. La situazione è diversa se l’interrogazione verte su discipline umanistiche, per le quali la valutazione è aleatoria rispetto alle materie scientifiche. Certo, se mi si dice che Dante è un poeta rinascimentale o Hegel un filosofo medioevale, neppure procedo con l’interrogazione e mando via lo studente. Però, se si escludono questi casi estremi e, per fortuna, non frequenti, il giudizio su chi mi parla per esempio di alcuni problemi dell’estetica di Hegel non è facilissimo, soprattutto se le risposte toccano un livello tra il discreto e il buono. L’atteggiamento corretto da parte del professore sarebbe quello di valutare nel modo più oggettivo le conoscenze dello studente senza lasciarsi influenzare dai voti presi nei precedenti esami. E infatti la situazione che preferisco è quella in cui lo studente viene da me per fare il suo primo esame universitario. Supponiamo però che lo studente non sia alle prime armi: guardo d’abitudine il suo libretto. Viene per questo condizionato il mio giudizio dagli altri voti? Dopo tanti anni di insegnamento posso dire di no. Osservare come è stato valutato precedentemente dai miei colleghi mi aiuta a sbagliare il meno possibile nel giudicarlo. Per esempio, potrebbe capitare che nel momento in cui il ragazzo è di fronte a me, mi sia per qualsiasi motivo, anche a causa sua, innervosito e che gli faccia una domanda in modo difficile, ingiustamente severa. Ricevo delle risposte scorrette, mi convinco che non capisca, che non conosca il problema. Se quel ragazzo ha un libretto con dei bei voti, incomincio a pensare che non lo sto interrogando in modo appropriato, opero su di me una silenziosa autocritica, gli pongo altre domande: finisco per essere più giusto. Insomma, lo sguardo al libretto mi aiuta a sbagliare di meno, soprattutto ad evitare ingiusti voti bassi. D’altra parte,perché c’è il libretto? Come si dice, i voti scritti sul libretto non fanno fede, lo studente potrebbe contraffarli: fanno fede i voti messi in un apposito registro personale che viene inviato al termine della sessione d’esami alla segreteria. Io, dunque, non conosco i voti che ci sono nei registri dei miei colleghi.Il libretto c’è,invece, proprio perché il professore si possa fare un quadro dell’andamento degli studi dell’esaminando, non per esserne influenzato, ma per capire il meglio possibile come sta affrontando la sua preparazione in vista della laurea. Il motivo per cui mi faccio dare il libretto prima o mentre interrogo è perciò questo. Però, potrei anche farne a meno.
Per esperienza, so che se lo studente mi mette sotto il naso il libretto prima ancora che glielo chieda, vuol dire che ha bei voti.Se c’è invece chi mi dice che lo ha in tasca ma non lo trova, che è sepolto nella borsa e che lo cercherà alla fina dell’interrogazione, significa che i voti sono modesti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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