Roma

Io, milanese innamorato di romanità

Io, milanese innamorato di romanità

VALERIO BARGHINI Prima di tutto, la notizia: «Primo nato dell’anno: titolo conteso tra Roma e Milano. Brent, mamma filippina, pesa 3,10 chili ed è nato al Cristo Re di Roma; secondo più, secondo meno è stata la volta di Vittoria 3 chili, nell’Ospedale San Pietro-Fatebenefratelli». E, a seguire: «A Milano c’è invece meno approssimazione: Rebecca, 3,190 chili nata un secondo dopo la mezzanotte al Policlinico» dove quel «c’è invece meno approssimazione» sembrerebbe sottolineare (vogliamo leggerla sotto questo aspetto?) l’eterna diatriba tra le due città: caotica e confusionaria Roma; simbolo dell’ordine e della perfezione quasi svizzera Milano. È una parte del testo di quelli che noi del mestiere chiamiamo «lanci» di agenzia.
Nulla di nuovo, verrebbe da dire. Sono stati girati anche film su questo «scontro», non solo calcistico: non ultimo Una milanese a Roma del 2001 nel quale il regista immagina che l’indimenticabile Sora Lella chiami a riorganizzare il locale che gestisce sull’Isola Tiberina la nipote milanese «tutta efficienza», la quale si scontra però con quello che potremmo definire il roman way of life (tanto vanno di moda gli anglicismi).
Nulla di nuovo. Non questa volta, però. E a dirlo a gran voce non è un romano doc ma il sottoscritto, vale a dire un milanese che, in quanto tale, dovrebbe compiacersi del fatto che a Milano ci sarebbe «meno approssimazione». A Milano c’è più efficienza? Possibile. A Milano c’è più ordine? Forse. Milano è una città fredda? Verissimo. Non solo dal punto di vista climatico. A qualcuno piacerà anche questo aspetto. Su Internet, ad esempio, mi sono imbattuto in un forum su cui tale Marisa, dopo aver vissuto a Roma per lungo tempo, si è dovuta trasferire a Milano per amore (per amore?) e per lavoro. Ritornata a Roma, si è trovata a rimpiangere Milano come città ordinata ed efficiente. Salvo rimpiangere anche «la nebbia e il cielo plumbeo». Inquietante... Perché non un bel soggiorno tra le brume della Transilvania? Be’, allora, inquietante per inquietante: io adoro passeggiare per Piazza dei Cinquecento, via Nazionale, piazza Venezia, via del Corso, piazza del Popolo senza ombrello e sotto la pioggia scrosciante che c’è pure a dicembre, quando magari fa freddo. Con la differenza che a scaldare ci pensa il vostro ardore, il calore dei romani.
Sarà un caso che gli Amici migliori e le Persone (volutamente con la maiuscola) più vere che io conosca, quelle che trovi disponibili nel momento del bisogno, sono romane? Non credo. Dicevo che Milano è una città fredda, non solo per il meteo: nella stragrande maggioranza dei casi la gente pensa al proprio tran-tran e non ha orecchie che per il cellulare, usato non certamente per chiedere «come stai?» all’amico che non senti da una vita. Roma no. Come ha scritto il mio amico Andrea, romano de Roma (a proposito: esiste, è in carne ed ossa, è uno di quelli di cui all’inizio di questo capoverso) sul sito www.alelivorno.it, commentando il gesto di Di Canio a Livorno: «Roma è notoriamente una città accogliente con abitanti bonariamente “compagnoni”, aperti, disponibili ad aiutare il prossimo, tolleranti». Per carità, non voglio buttarla in politica. Però confermo tutto. Come direbbe Gerry Scotti nel suo Milionario «È la tua risposta definitiva? La accendiamo?», sì, è la mia risposta definitiva, accendiamola. E non è retorica.

Parola di milanese: ma solo per l’anagrafe.

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