«Avevo il Parkinson, tremavo, non riuscivo neanche a stare in piedi. Ora sono guarita». È commosso il racconto della giovane suora francese, in servizio nel reparto maternità di un ospedale in una cittadina vicino a Lione. La quarantacinquenne religiosa - la cui identità sarà resa nota ufficialmente alla vigilia della chiusura della fase diocesana del processo di beatificazione di Wojtyla, domenica prossima - così descrive ciò che le è capitato. Il primo caso di guarigione dal Parkinson avvenuta per intercessione di un candidato agli altari. Una guarigione dalla stessa malattia che ha minato il fisico robusto del Papa polacco.
«Avevo il Parkinson - ha dichiarato la suora, la cui testimonianza è stata pubblicata sulla rivista Totus tuus della Postulazione della causa di Giovanni Paolo II - diagnosticato a giugno 2001. Il morbo aveva colpito tutta la parte sinistra del corpo, causandomi serie difficoltà, essendo io mancina. Dopo tre anni, ad una fase iniziale lentamente progressiva della malattia, è seguito laggravarsi dei sintomi: accentuazione dei tremiti, rigidità, dolori, insonnia...».
«Dal 2 aprile 2005 - continua la religiosa - ho iniziato a peggiorare di settimana in settimana, deperivo di giorno in giorno, non riuscivo più a scrivere o se tentavo di farlo, ciò che scrivevo era difficilmente leggibile. Non riuscivo più a guidare la macchina salvo per percorsi molto brevi, perché la mia gamba sinistra, a volte, si bloccava anche a lungo e la rigidità non avrebbe reso facile la guida. Per svolgere il mio lavoro, in ambito ospedaliero, inoltre, avevo sempre più bisogno di tempo. Ero totalmente esaurita».
«Dopo la diagnosi - afferma la suora - mi era difficile vedere Giovanni Paolo II in televisione. Mi sentivo, però, molto vicina a lui nella preghiera e sapevo che poteva capire quello che vivevo. Ne ammiravo anche la forza e il coraggio che mi stimolavano a non arrendermi e ad amare questa sofferenza. Solo lamore avrebbe dato senso a tutto questo. Era una quotidiana lotta, ma il mio unico desiderio era di viverla nella fede e di aderire con amore alla volontà del Padre». È la Pasqua del 2005 e la religiosa malata desidera vedere il Papa in Tv «perché sapevo, nel mio intimo, che sarebbe stata lultima volta che avrei potuto farlo. Era tutta la mattina che mi preparavo a quellincontro (lui mi richiamava a quello che io sarei stata tra qualche anno). Era dura per me, essendo giovane... Un imprevisto nel servizio, però, non mi permise di vederlo». La sera del 2 aprile Karol Wojtyla muore. «Allannuncio del decesso di Giovanni Paolo II mi è caduto il mondo addosso, avevo perso lamico che mi capiva e mi dava la forza di tirare avanti».
Pochi giorni dopo la sua elezione, Benedetto XVI concede il nulla osta per far iniziare in anticipo il processo di beatificazione del predecessore. «Le consorelle di tutte le comunità francesi e africane chiedono lintercessione di Giovanni Paolo II per la mia guarigione...». Il 1° giugno la suora si aggrava: «Non ne posso più! Devo lottare per tenermi in piedi e camminare. Il 2 giugno, di pomeriggio, vado a trovare la mia superiora per chiederle di esonerarmi dallattività lavorativa. Lei mi chiede di resistere ancora un po e aggiunge: Giovanni Paolo II non ha ancora detto la sua ultima parola».
Poi, la superiora allunga una stilografica e chiede alla consorella di scrivere «Giovanni Paolo II»: sono le ore 17.00. «A stento scrivo il nome del Papa. Davanti alla calligrafia illeggibile rimaniamo a lungo in silenzio...». Poi quella sera, dopo la preghiera, la suora alle 21, sente il desiderio di scrivere nuovamente. «Era come se qualcuno mi dicesse: Prendi la tua stilografica e scrivi... sono le 21.30/21.45. La calligrafia è chiaramente leggibile: sorprendente! Mi stendo sul letto, stupita... Mi sveglio alle 4.30, sorpresa di essere riuscita a dormire.
Andrea Tornielli
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