«Io al Nuovo Cittadino, dove vinceva sempre la notizia»

(...) quell’Umberto Merani, numero uno del «Lavoro» con un seguito di furiose polemiche e qualche «gossip», proprio per la «fusione» di due ideologie abbastanza lontane: uno democristiano e cattolico come Vassallo, l’altro socialista e laico della primissima ora.
Fu una specie di «scandalo» giornalistico, poi risoltosi al contrario con un grande successo per l’edizione de «il Giornale».
Ma torniamo alla redazione del «Nuovo Cittadino», perché era composta da significativi professionisti. Vassallo aveva un fiuto straordinario nella scelta dei collaboratori.
Capocronista era Giorgio Sguerso (purtroppo mancato qualche settimana fa), accanto a lui Pippo Zerbini, uno dei cronisti di nera più attenti e un «segugio» di razza.
E ancora, Lino Martini (si occupava di «bianca»). Questi ultimi passarono poi con Vassallo al «Giornale».
Lo sport era guidato da uno straordinario commentatore sportivo, sampdoriano convinto, Renato Remorino. Le sue cronache e i suoi commenti erano i più seguiti e apprezzati anche dagli stessi colleghi delle altre testate. Era un grande esperto di calcio.
Con lui operava Giuseppe Castelnuovi, passato poi alla «Gazzetta dello Sport» e oggi illuminato pensionato in quel di Milano. Inseparabile collega di scritti e di commenti era Riccardo Carovino, una delle firme più prestigiose di quegli anni, specie quando Vassallo lo volle anche al «Corriere del Pomeriggio».
Carovino (che nacque allo «Sprint», leggendario settimanale del calcio minore degli anni ’50/’60) già allora spiegava cos’era una «tattica», grande ammiratore di un certo Abbadie e ancora prima di un certo Verdeal. Gli scontri giornalistico-calcistici fra il genoano Carovino e il sampdoriano Remorino rimasero memorabili.
I ricordi storici erano affidati ad una firma rimasta indimenticabile: quella di Edilio Pesce.
Amministratore di allora era Monsignor Storace, accortissimo gestore dei bilanci del giornale. Si raccontava, allora, un curioso episodio: il contabile tal Baiardo, un giorno, si presentò al Monsignore e gli disse: «Monsignore, i tipografi non hanno più soldi, gli stipendi mancano, che facciamo?». E lui, serafico, gli rispose: «Gli dica delle buone parole».
I tempi non cambiano mai. Dopo Monsignor Storace, l’amministrazione passò a Monsignor Cicali e fu lui il vero dominatore economico-finanziario del giornale. Era un sacerdote moderno, intelligente, aperto, anche lui grande conoscitore di calcio, tanto che quando entrava in redazione il prima con il quale iniziava a discutere era Renato Remorino, che per un senso di rispetto, gli dava sempre ragione.


Ecco, questo era il «Nuovo Cittadino» di quegli anni. Questo è soprattutto il ricordo di un giornalismo allora forse meno intrigante e pettegolo di oggi ma egualmente aggressivo e «sempre sulla notizia». Ma quella vera.

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