Cronaca locale

«Io, papista e padano: due volte martire»

«Partirei da quel che ha detto il Santo Padre, dal suo invito a non montare le polemiche. Quando poi non esistono nemmeno, ma le inventano i mass media...». Giuseppe Leoni, presidente dei Cattolici padani, uno dei soci fondatori della Lega insieme con Umberto Bossi e Roberto Maroni, tenta subito di scaricare sui giornali la responsabilità del conflitto riapertosi tra la Lega e la Chiesa.
Senatore Leoni, vuol dire che se il ministro Calderoli attacca il cardinal Tettamanzi, la colpa è del giornalista che lo racconta?
«Calderoli non ha detto: “Io voglio strozzare il cardinale, lo aspetto sotto la Chiesa, lo strangolo”. Ma il giorno di Sant’Ambrogio, quando tutti attendono il discorso ai fedeli della diocesi più grande del mondo e il cardinale rivolge la sua attenzione solo agli extracomunitari, un disagiato della diocesi si arrabbia. Calderoli si è fatto portavoce di un disagio diffuso tra cassintegrati, disperati con tre o quattro figli senza lavoro. Altro che fondi della Caritas. Perché il cardinale guarda solo da una parte?».
In verità il cardinal Tettamanzi ha lanciato un Fondo di solidarietà per i disoccupati che ha raccolto oltre sei milioni di euro.
«La dignità del popolo padano non fa chiedere l’elemosina, questo è il problema della nostra gente. E il cardinale non può tenere conto solo di una parte, che se la guardi la diocesi. Io che vivo in mezzo alla gente, le difficoltà le conosco. Ieri un parroco mi ha detto che è andato a chiedere il sostegno un islamico, con la sua signora velata, e gli ha chiesto aiuto per pagare la rata della macchina. Il parroco si è affacciato e non era nemmeno un’auto usata, ma nuovissima. Mi sembra una roba fuori di testa. Ma chissà che cosa sta scrivendo lei, domani mi telefonerà il cardinale e dirà: “Ma questo è diventato matto”. So come siete voi giornalisti».
Ma lei che cosa ne pensa dell’invito alla solidarietà verso gli immigrati lanciato dal cardinale?
«Il cardinale, che è rappresentante del cattolicesimo, non può certo dire il contrario. La nostra è la religione dell’amore, siamo tutti fratelli. Certo che è dura fare il cattolico dentro la Lega, perché il concetto è martirizzare i cattolici».
Quali sono le sue difficoltà nell’essere cattolico dentro la Lega?
«Mi vedono un po’ strano perché vado a messa e sono amico dei preti, non sanno che come tutti sono un gran peccatore. I cattolici della Lega vengono riscoperti solo quando il partito va in urto con il mondo della Chiesa, ma di solito nella Lega sei visto un po’ come un ciula perché cerchi di muoverti con coerenza. Dall’altra parte la Chiesa ti vede di malocchio perché sei un cattolico leghista».
Si sente a disagio anche nella Chiesa?
«A volte ho l’impressione di essere il figlio di un Dio minore. Se sei un cattolico del Pd, come la Binetti, tutti dicono “ma che brava persona”. Se sei della Lega, ti considerano uno stronzo perché se sei un cattolico non devi stare nella Lega. Prendi le sberle da una parte all’altra. Guardi, adesso devo lasciarla perché devo andare in Parlamento per la mozione sulla persecuzione dei cristiani. Non ci sono mai stati tanti martiri. E poi ci sono quelli presi a schiaffi come il sottoscritto».
Ancora qualche minuto. Quali sono gli schiaffi che le arrivano ogni giorno?
«Cerchi di essere coerente, nella famiglia, nei comportamenti, ti dicono che sei ciula. Quando Bossi urla: “Aiutarli a casa loro”, il ciula del Leoni una decina d’anni fa l’ha fatto veramente. Sono andato a casa loro e adesso vado in Congo Brazeville ogni anno, per vedere come si possono migliorare le cose, che ogni anno peggiorano sempre. L’Europa sarà invasa dall’Africa perché se non li aiutiamo veramente, vengono tutti qui. Il progetto aiutiamoli a casa loro va fatto veramente. Nella Lega lo devono capire».
A volte la Lega dà l’impressione di pensare a un cristianesimo senza la Chiesa. Un’eresia?
«La società è secolarizzata. Secondo le statistiche i cattolici che vanno a messa sono il sette o l’otto per cento. Gli altri pensano di parlare direttamente con il Padreterno, non so che dire... Io sono uno che a messa va, mi piace andare a messa, mi confesso almeno una volta l’anno. L’anno scorso a Pasqua ho portato anche l’Umberto. Per far cantare l’assemblea il mio parroco si è inventato il karaoke...».
Insomma, lei non è uno di quei leghisti attratto dai tradizionalisti di monsignor Lefebvre?
«Ma no, io seguo il Santo Padre. I tradizionalisti parlano di messa in latino, io ho fatto l’istituto tecnico e di latino non so una parola. Quando facevo il chierichetto, usavo il latino ma non capivo nemmeno quel che dicevo nel Confiteor».
Lei conosce Bossi da sempre e lui un tempo diceva che politica e religione non vanno mescolate.

Come mai ha cambiato idea?
«Dicono che in amore, in guerra e in politica è tutto permesso, anche qualche bugia».

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