Felipe Massa è diventato un «caso» per quasi tutti i media; basta leggere i titoli del dopo Gran Premio di Malesia per rendersene conto, e di conseguenza probabilmente lo sta diventando per la stessa Ferrari. Ma Massa è veramente già un caso? Personalmente credo di no, ma il pericolo è che il pilota brasiliano si convinca del contrario.
Non sono stato un pilota al livello di Massa, ma sono stato un buon pilota internazionale, con un po' di punti nel mondiale Formula 1 e qualche vittoria assoluta nel Mondiale Prototipi. I tempi della mia tecnologia sono drammaticamente cambiati rispetto a quelli di una vettura attuale, ma la testa dell'uomo pilota, dell'essere umano che guida una Formula 1, le sue emozioni insomma, sono forse un po' aggiornate ma ancora in linea con quelli dei miei tempi.
Nel 1973, un'annata in cui riponevo grandi speranze ed aspettative sia in Formula 1 che nel mondiale prototipi con l'Alfa 33TT12, ecco che alla 1000 km di Spa mi scoppia in prova la gomma posteriore sinistra e mi impianto nel guard rail distruggendo spettacolarmente la macchina. Risultato sui giornali: «de Adamich vola fuori a 300 kmh». Targa Florio poco dopo: al comando senza problemi con Rolf Stommelen sto doppiando una Lancia Fulvia prototipo, questa scarta e mi butta contro un muretto. Risultato: «de Adamich esce di strada mentre era al comando». Capite che uno comincia a dubitare di se stesso e della propria lucidità al volante: diventi nervoso e preoccupato del tuo futuro di pilota. Ed infatti a luglio di quel 1973, al Gran Premio di Inghilterra a Silverstone, Scheckter si gira in piena velocità al primo giro, ci scontriamo in 15. Me compreso.
Ecco, non voglio fare confronti, ma capisco quello che Massa ha nel frullatore della sua testa, leggendo giornali ed opinioni, conditi da voci di mercato e da potenziali competitor che sembrano già alloggiare nell'albergo di fronte ai cancelli della Ferrari.
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