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«Io, pioniere di Forza Italia, corro a Milano con i big»

«Sono tra i fondatori di Forza Italia e rimango un dipendente di Publitalia in aspettativa». Massimo Buscemi tiene molto a sottolineare di essere uno dei pochi, insieme a Marcello Dell’Utri e Giancarlo Galan, ad aver partecipato all’avventura politica da subito: «Ero tra i quaranta capitanati da Berlusconi e Dell’Utri che dal maggio del 1993 hanno cominciato a pensare a Forza Italia, finché il partito è nato a gennaio». Adesso Buscemi è capodelegazione del Pdl in giunta. E si prepara a candidarsi alle regionali nel collegio di Milano: «Una scelta non fatta in solitudine, ma condivisa con i vertici del partito, con Roberto Formigoni, Giancarlo Abelli, Mariastella Gelmini, Guido Podestà».
Perché questo trasferimento dal collegio di Varese a quello di Milano?
«Perché io a Milano abito e lavoro da sempre. È il mio collegio naturale, ho studiato alla Bocconi e sempre lavorato a Milano, ho la famiglia qua. Senza nulla togliere al collegio della provincia di Varese che mi ha consentito per tre legislature di fare il consigliere regionale, ma d’altra parte i due collegi sono confinanti e hanno uno scambio storico. La provincia di Varese, l’asse del Sempione, è considerata anche Alto Milanese, perché gravita molto su Milano».
La sua candidatura mette in allarme altri candidati del Pdl. Si trasferisce a Milano per rompere gli equilibri?
«La mia candidatura si aggiunge alle altre e soprattutto non vuole essere una candidatura di rottura, ma un aiuto alle risorse che già esistono e che hanno fatto bene sulla Provincia di Milano. Certo, è una sfida adrenalica, perché mi confronto con i big. Ma nel collegio di Varese ho sempre fatto il primo posto...».
La preoccupa la sfida elettorale con la Lega?
«I rapporti con la Lega sono di alleanza molto competitiva. Siamo due partiti che in campagna elettorale, pur condividendo un programma comune, corrono per raccogliere maggiore consenso e quindi siamo in competizione. Noi del Pdl ci poniamo come coloro che non urlano la politica ma realizzano i punti programmatici con molta concretezza e senso di responsabilità. È un atto dovuto verso gli elettori, non un merito, realizzare il programma».
E i rapporti con l’Udc?
«Pur sentendomi vicino, credo che un partito debba dimostrare di essere serio con la coerenza. Un’alleanza non si può fare a scacchiera, non è serietà politica ma bizantinismo. Io, che ho origini meridionali, mi sento molto lombardo in questo».
Come si classifica all’interno delle diverse anime del Pdl?
«Sono un cattolico, credente e praticante, che si pone in modo molto laico nella realizzazione dei propri programmi politici. Ho sempre coinvolto intorno a me un consenso molto vasto tra i cattolici, i vecchi liberali e i vecchi socialisti, perché ognuno di noi si pone come obiettivo prioritario dare risposte serie alla collettività, sia che si provenga dall’area socialista sia dall’area cattolica. Noi ci rifacciamo al programma del presidente Formigoni e questo atteggiamento responsabile, serio, ha sempre dato risultati positivi. Sono quindici anni che faccio politica senza false promesse, mantenendo costanti i rapporti e rispondendo sempre al telefono. Ho cambiato al numero solo dieci anni fa, quando me l’hanno clonato. Non faccio rispondere da apparati burocratici, rispondo io al telefono».
Qual è la priorità del Pdl in Lombardia?
«Un’attenzione importante al tessuto industriale e artigianale, perché la crisi non è ancora del tutto superata. Sostenere l’impresa significa sostenere i principi costitutivi, l’attenzione all’economia reale, la produzione, i servizi, la ricerca scientifica che è la linfa vitale dell’economia lombarda».
Lei è socio in affari della signora Gariboldi. Teme iniziative giudiziarie in campagna elettorale?
«Oggi per me è una giornata felice perché finalmente è stata ridata la libertà alla moglie di Giancarlo Abelli. Credo che il principio della libertà dei cittadini sia sacrosanto e spero che il periodo elettorale non sia uno strumento.

Per me questa vicenda non è fastidiosa né elemento di criticità, perché la mia partecipazione societaria è una partecipazione societaria come tante. La magistratura ha tutti gli strumenti per fare le verifiche che ha ritenuto di fare, correttamente. Non sono stato chiamato, significherà qualcosa».

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