«Io, rossonero al Real Madrid andrò a vederlo tutti i giorni»

Ettore Messina ha già prenotato un posto in prima fila. Andrà a vedersi gli allenamenti. Per ora sarà l’unica soddisfazione. Che altro può dire un tifoso del Milan che da oggi vedrà Kakà con la maglietta del Real Madrid? D’accordo Messina è un privilegiato, al Real è di casa. Anzi in panchina. Quella del basket. Sarà uno dei pochi milanisti che potrà continuare a godersi il brasiliano.
Messina che ne dice?
«Che quella maglia, quella del Real, sia basket o calcio, pesa. Ti portano nella sala dei trofei e capisci. Farà effetto vedere Kakà. Però mi fa ancora più effetto vedere che ce l’ho anch’io. Come nei sogni da ragazzino. Si avverano e ti dici: mamma che fortuna!».
Non basta indossarla...
«Bisogna essere forti e sopportare. Kakà è abituato. Magari Ronaldo, con il suo glamour, attirerà di più i riflettori. E Kakà resterà serenamente Kakà».
Le ha fatto male vederlo partire dal Milan?
«Non l’ho presa male. I tempi sono cambiati. Posso capire. Ma sarebbe stato più semplice raccontare subito la verità. Cioè dire: non ce lo possiamo più permettere, è il momento di riequilibrare entrate e uscite. Ci sono altri interessi da rispettare. Ecco, mi ha fatto male sentirla raccontare in modo diverso».
Invece raccontata nel modo giusto...
«Va accettata. Noi tifosi abbiamo avuto grandi soddisfazioni, vinto tanto. Si può ricostruire, avere ugualmente una squadra competitiva, magari puntando sui giovani, gente fresca, motivata, meno costosa dei mostri sacri».
Affidata a Leonardo, allenatore che sboccia dal nulla...
«Mi hanno messo ad allenare una prima squadra a 29 anni, non posso proprio essere io a parlare. Però il Milan ha dimostrato con i fatti di saperci fare: ha visto bene ai tempi di Capello. Non vedo perché non avere fiducia. Detto questo, ero un grande ammiratore di Ancelotti, uno che ha battuto tutti i record. Anche se...».
Anche se...
«Anche se all’ennesima battuta, all’ennesima ingerenza, e qui parlo da allenatore, non più da tifoso, io avrei levato la mano e salutato tutti. Ora sono contento che sia al Chelsea, grande squadra, grande campionato».
Cosa le piaceva di Ancelotti?
«Una dote che io non ho: la pazienza».
È uno dei tecnici preferiti di Florentino. E se un giorno ci fossero due italiani sulle panchine del Real?
«Bellissimo. E alla sera andremmo a mangiare insieme il buonissimo prosciutto spagnolo. Lui che se ne intende».
Ci sono tanti tecnici italiani che ora allenano squadre e nazionali estere: calcio, basket, pallavolo...
«Mi fa piacere, evidentemente non siamo proprio sfigati».
Il basket italiano sta rotolando: c’è la Montepaschi e le altre distanti anni luce...
«Credo che la tendenza non si invertirà facilmente. C’è un impoverimento tecnico, economico ed ora anche politico con tutte quelle beghe fra lega e federazione».
Calcio e basket vanno a braccetto lungo la china?
«Sono lo specchio della società italiana: grande conflittualità e mancanza di intenti comuni».
Non le piacerebbe fare il tecnico nel calcio?
«Andrò a vedermi gli allenamenti di Kakà. Mi piacerebbe seguire una settimana di allenamenti del calcio».
Nel calcio il fuoriclasse conta, più che nel basket?
«Ci sono così pochi fuoriclasse, che li senti dovunque. Il fuoriclasse fa passare la paura ai compagni».
Kakà è uno di questi?
«Appunto, ti può far vincere una partita. Il Milan ha perso molto, anche come persona. Però c’est la vie e c’est l’argent».
Faccia l’indovino chi vincerà coppa dei campioni di basket e di calcio?
«Nel basket credo ancora il Panathinaikos. Ma è più difficile arrivare alla final four che vincerla. Arriviamoci, poi ne parliamo. Nel calcio dico Real così viviamo tutti più sereni. Eppoi la finale è a Madrid, a casa nostra. Vede gonfio il petto.

D’altronde come non potrei: mi hanno presentato al Bernabeu, cattedrale che non avevano mai aperto per un allenatore di basket. In mezzo a tante leggende, la cosa che mi ha colpito di più è stato vedere Alfredo Di Stefano. Capisce?».

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