"Io scrittore eretico? Adoro Don Camillo"

Philip Pullman è uno degli autori più noti al mondo grazie al controverso la Bussola d’oro e ora sbarca nel nostro Paese con il suo nuovo romanzo: La farfalla tatuata. Al Giornale racconta tutti i segreti della sua ispirazione

"Io scrittore eretico? Adoro Don Camillo"

C’è molta fantasia nelle storie dell’inglese Philip Pullman. Romanzi che parlano di angeli e demoni che lottano all’Inferno, di bambini dotati di una vista speciale, di strane tribù e streghe del Nord, di orsi polari protetti da supercorazze, di polveri d’oro destinate a cambiare la visione dell’Universo, ma anche di uomini-topi, di novelli Romeo e Giulietta che si innamorano fra squatter e terroristi, di piccoli investigatori che si muovono nella Londra dell’ottocento, di spaventapasseri alla ricerca della felicità, e persino di perfidi conti che non vogliono vendere la loro anima a terribili demoni. Dal canto suo il creatore del fortunato ciclo intitolato Queste oscure materie (che comprende la celeberrima Bussola d’oro ma anche La lama sottile e Il cannocchiale d’ambra) ha sempre ammesso che a lui «interessa parlare di temi importanti: la vita, la morte, Dio, il libero arbitrio. Il fantastico non è fine a se stesso, dà corpo al realismo... Non abbiamo bisogno di liste di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, abbiamo bisogno di libri. “Non devi” è presto dimenticato, “C’era una volta” durerà per sempre».

Fra i narratori che sicuramente hanno colorato l’immaginario di Pullman è innegabile sottolineare l’influenza di Milton, di Blake, di Stevenson, di Jules Verne, di Wilkie Collins, di Conan Doyle, di Mary Shelley. E lui stesso nelle note finali del suo Il cannocchiale d’ambra sottolinea di avere praticamente “rubato idee” da ogni libro che ha letto . «La mia linea di condotta nella stesura delle mie opere - spiegava lui stesso - è leggere come una farfalla e scrivere come un’ape e se in questa storia c’è un minimo di miele, esso è dovuto totalmente alla qualità del nettare che ho trovato nei migliori scrittori». E proprio per poter comprendere meglio l’origine dei suoi mondi fantastici e delle sue storie per grandi e piccini (pubblicate in Italia da Salani e che gli hanno permesso di conquistare prestigiosissime onorificenze come la Carnegie Medal, il Guardian Children’s Fiction Prize, il White Bread e il premio Astrid Lindgren Memorial) abbiamo raggiunto Philip Pullman in Inghilterra nella sua amata Oxford a pochi giorni dalla pubblicazione in Italia del suo serrato noir romantico intitolato La farfalla tatuata (approdato di recente al cinema nella trasposizione del regista Phil Hawkins).

Molti sanno che un certo mr Jones in qualche modo ha cambiato la carriera di Bob Dylan, è vero che invece per lei è stata fondamentale una certa miss Jones?
«Miss Enid Jones era la mia insegnate di letteratura inglese quando avevo sedici anni e andavo a scuola nel Nord del Galles ed è stata la prima persona che mi abbia fatto leggere Il paradiso perduto di John Milton, senza di lei forse non mi sarei così appassionato nella lettura di certe storie di angeli e demoni e alla storia della tentazione di Adamo ed Eva. Ancora oggi nonostante la sua avanzata età di 86 anni continuo a spedire miss Jones tutti i miei romanzi autografati».

Perché si sente così legato oltre a Milton anche alla letteratura di Blake, visto che lei li cita spesso insieme come numi tutelari del suo ciclo «Queste oscure materie»?
«Blake era davvero uno scrittore straordinario e unico nel suo genere, un visionario, dotato di una capacità quasi profetica di narrare certi eventi. Nonostante sia vissuto fra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento ha avuto un’influenza impressionante sulla beat generation e su poeti come Allen Ginsberg che io leggevo negli anni Sessanta. Sono stato letteralmente folgorato, intossicato da quello che scriveva Blake e l’ho interiorizzato per molti anni. Quando ho incominciato a scrivere Queste oscure materie mi sono accorto che fosse il momento di poter esprimere a modo mio quello che mi aveva colpito di Blake che a sua volta va ricordato che era stato un lettore appassionato di Milton stesso. Io non sono un poeta, sono semplicemente un narratore di storie, un autore di prosa e spero nel mio piccolo di avere reso loro omaggio».

Ma è vero che da ragazzino ha letto anche le storie di Don Camillo?
«Mio nonno e mia nonna avevano alcuni volumi in inglese della saga scritta da Giovanni Guareschi e mi ha sempre divertito la descrizione del suo “Mondo piccolo”. Ho cominciato a leggerli e li trovavo molto divertenti. Mi aveva colpito da subito l’onestà e la semplicità di quelle storie, la credibile ambientazione all’interno di una piccola comunità così viva e vivace. Mi aveva colpito l’umiltà di quei racconti a dispetto del fatto che Don Camillo parli con Dio. Era un mondo che non conoscevo quello di quel piccolo comune italiano dove convivevano un sindaco comunista e un prete cattolico che risultavano per me irresistibilmente simpatici».

Possiamo dire che il Gesù con cui parla Don Camillo è molto diverso dal Dio annoiato e quasi automa che lei racconta nei suoi romanzi?
«Il mondo fantastico che descrivo io nelle storie di Queste oscure materie che hanno per protagonista la mia Lyra è un luogo che ha un rapporto totalmente diverso con la religione. La religione di cui parlo io, è monolitica, fascista, totalitaria, esagerata. Il mondo in cui Guareschi ambientava Don Camillo è il nostro mondo. Il mio invece è un mondo immaginario che per questo può risultare più brutale o più affascinante da raccontare».

Il suo recente «La farfalla tatuata» può essere definito una sorta di versione moderna di «Romeo e Giulietta»?
«Certamente, volevo scrivere una tragedia ambientata nella Oxford dei giorni nostri diversa dalla Oxford fantastica della Bussola d’oro, una storia in cui il mio protagonista, il tecnico delle luci Chris, a causa della sua idea di famiglia scatenasse la morte della fanciulla che ama. È un romanzo che parla di povertà ingiustizia, disoccupazione. Volevo che fosse emozionante, toccante, tragico e ambientato nel mondo moderno. Sono molto contento anche dell’adattamento cinematografico che ne ha tratto il regista Phil Hawkins e della colonna sonora che ha scritto per esso Ludovico Einaudi.

Cosa le è piaciuto di più del film «La bussola d’oro»?
«Sicuramente le performance degli attori, dalla piccola Dakota Blue Richards che ha vestito i panni di Lyra a Daniel Craig e Nicole Kidman, passando anche per l’incredibile voce dell’orso Iorek affidata a Ian McKellen. Sono stati tutti fantastici, mi è sembrato di vedere davvero i miei personaggi».

Quante possibilità ci sono che la saga prosegua al cinema e che gli spettatori possano vedere anche la versione completa di quello che è stato girato della «Bussola d’oro»?
«Ci sono effettivamente moltissime scene (e anche molto belle) che sono state girate ma le possibilità che vengano proposte al grande pubblico sono davvero remote. Il film era stato progettato per essere il primo capitolo di una trilogia ma purtroppo anche se la pellicola è andata bene nel resto del mondo è stata un vero flop negli Stati Uniti, anche a causa del pesante boicottaggio operato da certi ambienti religiosi. I produttori hanno a mala pena pareggiato le spese. È quindi molto difficile che si possano ipotizzare altri due seguiti.

Per quanto riguarda invece la mia saga letteraria posso assicurare ai lettori che sto lavorando alacremente alla seconda trilogia che si intitolerà La polvere d’oro e nel frattempo ho regalato a due miei eroi una piccola avventura. Il cacciatore ed esperto di aerostati Lee Scoresby e l’orso Iorek sono infatti i protagonisti di Once Upon a Time in a North che dovrebbe prossimamente uscire in Italia da Salani».

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