«Io sex symbol? Mi piacciono donne e mojito»

«Non sono astemio e vado in discoteca. In pista poi non ho molto da invidiare a Michael». Sua moglie Jenny è stata miss Scandinavia

nostro inviato a Monza

«Sinceramente come pilota non credo di avere molto da invidiare a Michael. Penso di essere fatto della stessa pasta, di essere della stessa categoria». Kimi Raikkonen forse aveva già un piede nel futuro quando - era il 2003 e stava a Suzuka - osò confrontarsi con il numero uno. Senza sbruffonerie, ma con l'aria di chi sa dove vuole arrivare. Ecco, ora è arrivato.
Tra lui e Schumacher ci sono 144 gran premi di differenza, il conto dei chilometri percorsi in più dal Kaiser è sterminato, quello delle vittorie mette i brividi solo ad immaginarlo, ma da ieri pomeriggio Kimi ha cominciato la rincorsa.
In fondo, al netto dei due mondiali vinti da Schumi con la Benetton, il finlandese in Ferrari parte alla pari perché ci arriva a 27 anni (giro di boa il 17 ottobre prossimo), la stessa età che aveva l'uomo di Kerpen quando varcò il cancello di Maranello. Due volte secondo, nel 2003 e l'anno scorso, (prima Schumi e poi Alonso davanti a lui) in Formula uno da cinque anni, ha già vinto la prima sfida della sua carriera: costruire un bagno per la casa dei suoi genitori. Volendo, e potendo, ha persino esagerato: a papà e mamma ha regalato una nuova villa. E che non se ne parli più. Perché per il piccolo Kimi, lassù a Espoo, ghiacci e Finlandia, non è stato facile crescere a pane e motori. Dovevano scegliere i genitori: mantenergli il kart o, appunto, mettersi il bagno in casa. «Se penso ai loro sacrifici... Mio padre guidava i camion, per arrotondare faceva il taxista e a volte anche il portiere. E i soldi che portava a casa finivano in pista».
Una responsabilità da niente. In quegli anni, bruciare la frizione diventava un dramma familiare e allora sarà per questo che il ragazzino si è fatto presto uomo. Nel 2001 strappa un contratto con la Sauber, guardacaso motorizzata Ferrari, che lo blinda per cinque anni. Primo stipendio duecentomila dollari. Ma ci rimane per poco, visto che la McLaren sta cercando il sostituto di Hakkinen: via un finlandese, dentro un altro. Cinque milioni di dollari l'anno per cinque anni: «Diventerà un fuoriclasse, è giovanissimo: deve essere pagato il giusto», è lo spregiudicato sillogismo dell'allora manager Peter Sauber.
Al posto di Hakkinen, Kimi comincia a volare. Nel 2003 ha la sfacciataggine di contendere il titolo a herr Schumacher. Vigilia di Suzuka. Più che un gran premio sembra un corpo a corpo tra pesi massimi. Lui è lo sfidante. Arrogante e anche un po' sbruffone: «Michael? Finora gli è andata di lusso. La Ferrari? Per voi è un mito, per me solo una macchina rossa da battere». Di cui vedrà la coda per un altro anno ancora.
Nel frattempo però accadono un paio di cose. Come fosse un post it, gli appiccicano sulla schiena un soprannome: Iceman. Facile: arriva dal freddo, è biondo, occhi come due cubetti di ghiaccio. Il gioco è fatto, ma lui non ci va matto. «Non l'ho scelto io, io sono solo Kimi. Ma non importa, se dovessi cercare di piacere a tutti, non sarei me stesso». Insomma, un bel chissenefrega e amici come prima. Perché quello che sta succedendo è molto più importante: il ragazzo finlandese è entrato nel radar di Maranello. Con Schumacher sono in una botte di ferro, ma metti che una domenica pomeriggio di settembre del 2006 Michael decida di posteggiare la Rossa per sempre, che cosa fanno alla Ferrari, stanno a guardare? E così cominciano a studiarlo. Una frase qui (già Montezemolo nel 2002 a Magny Cours: «Una tuta rossa gli starebbe molto meglio di quella grigia McLaren»), una là. Lui incassa, ma non piega un angolo della bocca nemmeno sotto tortura: «Scoprire che una persona così importante come Montezemolo pensa bene di me, mi riempie di piacere. Io dopo Schumi? Può succedere di tutto». Gli scappò un sorriso in quel momento, il bis è arrivato ieri.
Con il secondo posto nel mondiale scorso, per Raikkonen finisce definitivamente il tempo delle mele. La McLaren gli porge la penna per firmare un contratto triennale da 72 milioni dollari, Raikkonen fa melina e Ron Dennis intuisce che il suo pupillo sta facendo rotta verso l'Italia. E si getta a capofitto su Alonso. Nel muro del silenzio si apre qualche crepa: prima il tormentone Valentino Rossi allunga la vita ai dubbi, poi quando il Progetto torna nei cassetti, è chiaro che Raikkonen ha più di un piede sulla Ferrari.
Da ieri pomeriggio anche l'altro. Festeggerà a caraffe di mojito, farà casino con i suoi amici nelle discoteche di mezzo mondo («sono un ragazzo, non ho forse il diritto di divertirmi?», disse quando lo fotografarono ubriaco alle Canarie). Insomma, se la godrà. Perché se Michael era tutto casa e chiesa, bambini e Corinna, a Kimi piace la dolce vita.

«Io un sex symbol? Non mi interessa, piaccio solo a me stesso. E poi le donne corteggiano solo chi vince, non è questione di bellezza». Sposato con Jenny Dalmat, miss Scandinavia, non disdegna i fuoripista. Abitudine che, guardala come vuoi, a Maranello non passerà inosservata.

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