«Io vice di McCain? Eccomi. La sua America sarà molto più sicura»

«Io vice di McCain? Eccomi. La sua America sarà molto più sicura»

Scorri la lista e lei c’è. Sarah l’intelligente, Sarah la politica, Sarah la mamma, Sarah la miss, Sarah la patriottica. «Vicepresidente di John McCain», dice qualcuno. È una possibilità perché il nome è segnato sul taccuino dello staff del candidato repubblicano alla presidenza Usa. Ce ne saranno una decina: tanti uomini, qualche donna e dentro lei. Sarah Palin, signora governatrice dell’Alaska: 44 anni, cinque figli, il più grande al fronte in Irak, il più piccolo con la sindrome di down. Lei è la sua vita, la campagna elettorale, un sacco di petrolio e di gas sotto il ghiaccio e sotto il mare. È una donna che conta, perché il suo Stato non avrà peso politico, ma comincia ad avere peso strategico: è il ponte verso il polo Nord, è un pozzo profondo di risorse naturali. Lady Palin comanda e gli altri seguono. In America non c’è nessun politico tanto amato dalla sua gente: 90 per cento di gradimento, vuol dire che piace ai repubblicani e pure ai democratici. Piace perché lavora: cinque giorni dopo aver partorito il suo ultimo bebè era già in ufficio. Parla, scrive, legge. Parla da Juneau, dal suo ufficio vista ghiaccio. Parla e si capisce che vuole la Casa Bianca. Ci spera perché c’è chi pensa a una donna come vice e ha in mente lei. «È difficile, ma sono pronta».
Governatore Palin, a Washington si dice che lei possa essere scelta da John McCain come candidato vice presidente. È orgogliosa, preoccupata, scettica, felice?
«È affascinante e appagante sapere che il mio nome sia tra quelli dei possibili vicepresidenti repubblicani. Io sono concentrata sul presente: lavoro da governatore per fare il bene degli Stati Uniti. Siamo ricchi di tante risorse: petrolio, gas, zinco. Questa poi è una terra di grandi lavoratori, di imprenditori. L’Alaska ha molto da dare all’America. E anche io».
Negli Stati Uniti nessuno ha i suoi livelli di gradimento. Come ha fatto?
«Ho messo la gente dell’Alaska davanti a tutto. Dal primo giorno, ho aperto la mia amministrazione e il mio governo. Io dipendo dalla gente e loro sanno che possono contare su di me. Il mio Stato è cambiato tanto: abbiamo fatto molti progressi in processi fondamentali per il futuro degli Stati Uniti, dalle nuove norme per limitare il cambiamento climatico, allo sviluppo delle condutture di petrolio e gas fino alla riforma del sistema scolastico».
Ha mai pensato all’idea di trasferirsi a Washington?
«Il mio lavoro è in Alaska: fare il governatore mi tiene impegnata per tutta la giornata e mi rende felice. Sono concentrata sull’Alaska e sulla mia gente».
Non ha mai sognato di diventare la prima donna vicepresidente e magari poi la prima donna presidente?
«Certo. Mi piacerebbe tantissimo essere chiamata a servire il mio Paese a livello nazionale. Sono pronta a farlo. Sto cercando di farlo anche adesso, da governatore. Perché l’Alaska si sta prendendo il suo spazio nel processo politico e strategico degli Stati Uniti: siamo noi che stiamo cercando di portare a livello nazionale un modello di sviluppo più sostenibile, anche nello sfruttamento delle risorse naturali».
Pensa che John McCain debba scegliere una donna come vicepresidente?
«Non credo debba essere una donna per forza. Credo debba essere la miglior persona possibile. Però credo che le donne abbiano una forza e capacità uniche e credo anche che l’America sia pronta per avere più donne ai posti di comando».
È d’accordo con John McCain che vuole accelerare il processo di trivellazione nel territorio dell’Alaska?
«Assolutamente. Io sono con lui e sostengo lo sfruttamento sostenibile e sicuro delle nostre risorse naturali. La gente dell’Alaska vuole sviluppo, l’America vuole sviluppo, la nostra Costituzione prevede e garantisce la possibilità di sfruttare al massimo le nostre risorse. Siamo pronti e siamo pronti a fare tutto nella maniera migliore, più sicura e pulita possibile. Dobbiamo garantire al Paese tutta l’energia di cui ha bisogno».
Come sarà l’America se vincerà McCain?
«Sarà un Paese sicuro. La priorità è mettere la gente al primo posto. Dare a tutti la possibilità di essere felici. C’è da contrastare la crisi, ridare fiducia agli americani. Con McCain avremo un Paese indipendente dal punto di vista energetico e un Paese forte sul piano internazionale».
Obama ha 46 anni e parla di cambiamento. Lei ne ha 44. Pensa che gli Stati Uniti abbiano bisogno di un leader giovane?
«Ci sono momenti in cui lo scettro della leadership deve passare di generazione. Però credo che l’esperienza non debba mai essere sottovalutata».
Lei è pro life. La vita le ha regalato un figlio disabile. Che cosa pensa dei movimenti pro choice favorevoli all’aborto? E dei matrimoni gay?
«Credo che la vita abbia un enorme potenziale. Mio figlio più piccolo, Trig, è nato ad aprile ed è stata un’immensa benedizione. Credo nel valore infinito della vita umana. Di ogni vita umana. Sostengo e sosterrò l’onore della struttura familiare tradizionale».
Lei ha 5 figli. Madre, moglie, governatrice. Come fa a organizzarsi?
«La verità è una: ho una famiglia straordinaria. Mio marito, Todd, è il vero compagno di una vita. Vengono sempre tutti i qui, i miei familiari. Nel mio ufficio. Siamo una squadra. Credo che la mia famiglia mi abbia reso un governatore migliore e che la maternità ha cambiato il mio modo di vedere il mondo per cinque volte».
Suo figlio maggiore è nell’esercito. Che cosa pensa della politica estera degli Usa e della campagna in Irak?
«Credo che in Irak la cosa più importante sia completare il percorso fatto per ridare al paese una leadership e la democrazia.

Non importa quanto tempo dovrà passare. Io e mio marito siamo orgogliosi di nostro figlio Track. Si è arruolato appena possibile, l’11 settembre 2007. Vuole servire questo Paese con onore e difendere la libertà. A ogni costo».

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