Roberto Scafuri
da Roma
Un timido avanti marsch di Fassino, il contrordine della Margherita, lindietro tutta del resto dellUnione. E il leader Prodi che, intervistato da Newsweek International, rivela: «Se vinco, decideremo unagenda per il ritiro delle nostre truppe dallIrak. Ma lo decideremo la primavera prossima, perché forse non ci saranno più truppe italiane al momento delle elezioni. Sicuramente non farò colpi di teatro come ha fatto Zapatero... ».
Il leader dellUnione confida dunque nello stellone della buona sorte, per scongiurare il disallineamento della sua coalizione. Nella quale Rifondazione, Pdci e verdi ribadiscono di intendere il ritiro «immediato» appunto come «immediato». Il ministro della Difesa, Antonio Martino, intanto tiene il passo e anche la posizione. Intervenendo a un convegno dei Ds, sembra offrire una sponda al segretario della Quercia, che per primo aveva evocato la possibilità di una «calendarizzazione del ritiro in collaborazione con gli Usa e la Gran Bretagna». «Governo e opposizione possono convergere su unipotesi di ritiro graduale», dice Martino. Prima che la mano si tenda oltre, il ministro precisa che «tra ritiro e fuga cè una differenza, e quella differenza ha un nome: tradimento». A pagare le possibili conseguenze sarebbero «le genti di Nassirya e la credibilità del nostro Paese». Per essere ancora più chiaro, Martino spiega anche «non si tratta di unapertura allopposizione, questa è la nostra posizione ribadita più volte, anche se è giusto che governo e opposizione abbiano un dialogo... ».
Fassino pare volerci provare: «Se vinciamo le elezioni proporremo un calendario per il rientro del nostro contingente in Irak, che non è certo un ritiro immediato in 24 ore... ». Il segretario ds vede «in atto una transizione» che consentirebbe di far diventare «il 2006 lanno in cui si accelera il passaggio dei poteri alle autorità irachene così da poter calendarizzare il ritiro delle nostre truppe». Parole in discontinuità rispetto a quanto stabilito in passato dallUnione. Una linea che trova il plauso del socialista Boselli e di Mastella, ma non del rifondatore Giordano. Il quale ha buona memoria e ricorda le «parole inequivocabili di Prodi: vogliamo uscire dal pantano iracheno appena ci sarà un governo alternativo a quello di Berlusconi». Inutile fingere di non capirsi: il ritiro è immediato, dice la sinistra radicale. E il verde Pecoraro Scanio lo giudica «ancora più urgente alla luce delle notizie sullutilizzo di fosforo bianco contro civili iracheni».
Anche la Margherita, in freddo con Fassino, non apprezza il dialogo. Il coordinatore Franceschini trova «straordinario come nel centrosinistra riusciamo a complicare anche le cose su cui siamo daccordo. Abbiamo votato più volte uniti in Parlamento per il ritiro immediato delle truppe. Non una fuga dallIrak, ma una scelta chiara e responsabile, da confermare».
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