In Iran non si ferma la protesta Botte e gas contro gli studenti

BLOCCO Ai giornalisti stranieri è stato impedito di raccontare gli eventi di ieri

Migliaia di studenti hanno manifestato ieri in diverse città iraniane e la polizia ha represso la contestazione con bastonate e arresti. I giovani hanno gridato slogan antigovernativi sempre più violenti: «Morte al dittatore», era scritto su molti loro striscioni e cartelli, accompagnati da sciarpe, guanti, veli verdi, il colore delle proteste antigovernative che dal 12 giugno, giorno delle contestate elezioni che hanno riportato il presidente Mahmoud Ahmadinejad al potere, non si fermano. Anzi, altre manifestazioni sono previste nelle prossime settimane, durante i giorni di celebrazione della festività sciita dell’Ashura.
Ieri, gli studenti hanno manifestato nei maggiori atenei del Paese. La polizia, la Guardia Rivoluzionaria, le milizie dei Basiji - la struttura di sicurezza su cui si appoggia il regime - hanno circondato i campus universitari dalle prime ore del mattino. La protesta era infatti annunciata: il 7 dicembre è l’anniversario di scontri tra studenti e forze di sicurezza dello scià Mohammad Reza Pahlavi nel 1953. Allora, i giovani erano scesi in strada contro la visita del vice presidente americano Richard Nixon, pochi mesi dopo il coup appoggiato da Washington contro il governo del premier Mohammed Mossadegh. Per anni, dopo la rivoluzione islamica del 1979, le proteste studentesche anti-americane sono state sostenute dal regime, ma recentemente si sono trasformate in occasioni di critica del governo. Il cuore degli scontri di ieri, il politecnico Amir Kabir di Teheran, è uno dei luoghi simbolo delle proteste contro il presidente Ahmadinejad già dal 2006, quando un gruppo di giovani scese in strada con le foto del leader all’incontrario.
La polizia in assetto anti sommossa ha circondato ieri le università per evitare che gli studenti potessero uscire e propagare i disordini. Negli atenei, i Basiji hanno utilizzato telecamere e macchine fotografiche per individuare i giovani coinvolti. Decine di video comparsi su internet nel corso della giornata mostrano centinaia di studenti urlare slogan contro il regime, incendiare cassonetti della spazzatura, lanciare pietre contro le forze di sicurezza che avrebbero risposto con bastoni, spari in aria e lacrimogeni e avrebbero arrestato decine di manifestanti.
Difficile però avere un’idea dei numeri della protesta e delle dinamiche. Ai giornalisti stranieri presenti a Teheran è stato infatti impedito di uscire dai propri uffici fino a mercoledì. Da giorni, secondo quanto riportato dai social network, Twitter e Facebook, l’accesso a internet nelle zone in prossimità delle università è rallentato e spesso impossibile e ieri la rete telefonica mobile è rimasta bloccata.
Secondo quanto riportato dalla Bbc, gli slogan starebbero diventando sempre più espliciti e sfacciatamente antigovernativi: i manifestanti non chiedono più soltanto di «riavere indietro i propri voti», ma si oppongono sempre più apertamente alla leadership del regime, gridano contro il presidente Ahmadinejad e anche contro la guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei. Dalle strade si sono alzati cori di sostegno a Hussein Moussavi, che a giugno ha sfidato il presidente al voto e che accusa il regime di brogli elettorali. Sul suo sito Kaleme.com è stato pubblicato un suo intervento: «Anche se imponete il silenzio alle università, che cosa farete con la società?».

Domenica, proprio alla vigilia delle proteste, anche l’ex presidente Akbar Hashemi Rafsanjani, che da giugno ha dimostrato sostegno ai manifestanti, parlando a un gruppo di studenti nella città di Mashhad aveva accusato la leadership di «intolleranza».

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