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Iran, il presidente vuole circondarsi di «falchi»

La sfida all’America: se verremo attaccati risponderemo, le nostre capacità sono maggiori di quelle Usa

Gaia Cesare

Conferma la sua fama di «falco» e si circonda di ultra-conservatori in una fase delicatissima nei rapporti tra Teheran e l'Occidente. Il presidente Mahmoud Ahmadinejad ha scelto ieri la nuova squadra che lo affiancherà alla guida dell'Iran dopo la discussa elezione di fine giugno. Nessuna donna nel nuovo governo (nell’era Khatami erano due alla vice-presidenza), due ministeri chiave e il resto della compagine affidati a personalità del campo ultra-reazionario.
Agli Esteri andrà il deputato Manushehr Mottaki, ex ambasciatore in Turchia e Giappone, già in passato critico nei confronti delle trattative sul programma nucleare avviate dal precedente governo con Francia, Germania e Regno Unito. Tra i ministeri cruciali, a occupare quello del petrolio sarà l'attuale sindaco di Teheran, Ali Saeedlou, da poco succeduto proprio ad Ahmadinejad alla guida della capitale, ma quasi sconosciuto negli ambienti legati agli interessi petroliferi. La lista dei ministri resa nota ieri è stata consegnata ora al Parlamento, che ha una settimana per esaminarla e poi votare la fiducia a ogni singolo membro. Considerata la maggioranza rappresentata nell'Assemblea iraniana, le scelte del presidente non incontreranno alcun ostacolo. L’ultima parola spetta alla guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei.
Ahmadinejad insiste insomma sulla linea dura: dopo un governo composto in gran parte da riformatori che si ispiravano all'ex presidente Khatami, il presidente chiama fra i suoi più stretti collaboratori uomini il cui modello sono i valori originari della rivoluzione khomeinista. Agli Interni dovrebbe andare Mostafa Pour Mohammadi, che aveva già in carico i servizi segreti nella veste di sottosegretario. Al suo posto arriverà Gholam Hossein Mohseni Ejehei, ex presidente del tribunale del clero e considerato da molti giornalisti riformisti ostile alla libertà di stampa. Il meno noto Mostafa Mohammad Najaf ricoprirà l’incarico di ministro della Difesa, mentre il portavoce dell’inflessibile magistratura iraniana, Jamal Karimi Rad, andrà alla Giustizia. Il dicastero della Cultura sarà sotto il controllo del direttore del quotidiano ultraconservatore Kayhan. Spazio anche al figlio dell’ex candidato alla presidenza, Akbar Rafsanjani: Seyed-Medhi Hachemi dovrebbe occuparsi di Affari sociali. «Tutti coloro che hanno lavorato contro l’agenda riformista di Khatami sono stati nominati al governo», ha commentato lo scrittore Ali Reza Rajaei, anche lui riformista.
La compagine del nuovo governo iraniano impensierisce l’Occidente, inevitabilmente preoccupato per la corsa al nucleare avviata dall’Iran. E Teheran, anche ieri, non ha affatto placato i timori e ha insistito con la massima fermezza: la ripresa delle attività di riconversione dell’uranio (che avviene nella centrale nucleare di Isfahan ed è propedeutica alla fase dell’arricchimento) «non è negoziabile», ha detto il portavoce del ministero degli Esteri, Hamid Reza Assefi. Sull’arricchimento dell’uranio, che potrebbe portare alla produzione del nucleare civile e anche di quello militare (il cui uso è temuto dall’Occidente), Assefi ha precisato che non è stata ancora presa alcuna decisione: «L’atteggiamento e il comportamento degli europei nei prossimi giorni saranno determinanti».
Solo qualche giorno fa George W. Bush - dopo aver ricordato di aver già usato in passato la forza per proteggere gli Stati Uniti - aveva lanciato un duro ammonimento all’Iran, precisando che «tutte le opzioni sono possibili» se l’Iran rifiuterà di adeguarsi alle richieste internazionali. E ieri è arrivata la dura replica di Teheran, che promette: se attaccati sapremo come rispondere. «Bush dovrebbe sapere che la nostra capacità militare è superiore a quella degli Stati Uniti - ha dichiarato Assefi.

Se gli Stati Uniti faranno questo grande errore, allora l'Iran avrà maggiori possibilità di difendersi».

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