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Irap, per fortuna la lotteria del fisco è stata rinviata

Il fisco italiano ama il lotto che gli rende parecchio, grazie al sistema del jack pot e ora ha applicato la lottomatica anche ai rimborsi Irap, il che è assurdo e sta dando luogo a situazioni fantozziane. Fortunatamente, l’Agenzia delle Entrate ha emanato una nota che prelude alla modifica del sistema. Finora i commercialisti, nei giorni-finestra per i rimborsi Irap, dovevano precipitarsi ai loro computer, come ai nastri di partenza per una corsa di (...)

(...) cavalli a San Siro o alle Capannelle e cliccare nervosamente sui pulsanti, sperando di essere fra i primi, ammessi a ottenere i rimborsi. Ciò perché quando è esaurita la magra somma, messa a disposizione del fisco, per quell’Irap day, le ulteriori richieste di rimborso, per quanto regolari, vengono respinte dal cervello elettronico del ministero.
In questa gara lottomatica, escono vincenti non tanto coloro che cliccano per primi, che sono moltissimi (i commercialisti attempati hanno ingaggiato ragazzini esperti di video giochi e le ditte più grosse mettono in posta simultaneamente molti cliccatori, sperando che qualcuno ce la faccia) quanto i più fortunati. Infatti su diecimila o ventimila impulsi arrivati simultaneamente, il cervello elettronico ne sceglie a caso sì e no un decimo. E nella coda che poi si forma, ci possono essere cliccate partite dopo, che vengono recepite prima. La cosa sembrerebbe assurda e inventata per un film del ragionier Fantozzi, che perde il posto in quanto non riesce mai a essere fra i fortunati che hanno diritto al rimborso per il proprio cliente, se non fosse, purtroppo, vera.
La colpa sembrerebbe di Tremonti, ma è in realtà di Prodi, Visco e Bersani, con una equa distribuzione fra i tre infausti personaggi, che hanno inventato o difeso a spada tratta l’Irap, su cui si consuma questa lotteria di nuovo genere. Infatti l’Irap, che è la sigla di Imposta regionale sulle attività produttive, inventata da Visco negli anni ’80 e da me respinta regolarmente, in Senato, come doppione insensato dell’Iva, fu accolta da Prodi come magica formula fiscale, nel programma del 1996 con cui vinse le elezioni, allo scopo di finanziare le nuove spese del suo programma sociale.
Ma il tributo che colpisce con una aliquota fra il 4,5 e il 5% i profitti lordi, gli interessi passivi e i redditi di lavoro lordi di contributi sociali delle imprese, e che è classificato come imposta indiretta sulla produzione, peccava di incostituzionalità per la legge italiana, in quanto viola il principio costituzionale della tassazione in base alla capacità contributiva.
Ciò in quanto, pur presentandosi come una imposta che, in parte, colpisce dei costi di produzione (i costi del lavoro, cioè i salari lordi di contributi sociali) pagati dalle imprese, non ammette la detrazione di tali costi, nella determinazione dell'imponibile dell’imposta sul reddito delle imprese. D'altra parte si reputava (io per primo reputavo) che il tributo fosse incostituzionale anche per l'Unione europea in quanto è un duplicato mascherato dell’Iva, che è una imposta comunitaria perché una fetta del suo gettito va versata alle finanze della Comunità, per le sue spese. Il ricorso dei contribuenti in sede europea è stato respinto, grazie ad acrobazie della Corte di giustizia europea che, forse, non voleva incolpare Prodi, ex presidente dell'Unione, di insensibilità per i principi europei o forse non voleva privare il governo italiano di un tributo che dà 40 miliardi annui di euro. Ma il ricorso alla suprema Corte italiana contro l’Irap, per violazione del principio di capacità contributiva, i nostri contribuenti lo hanno finalmente vinto. E Tremonti, per correre ai ripari, ha ammesso una detrazione forfettaria parziale dell’Irap sui costi del lavoro dai redditi di impresa, che vale dall'anno in corso per pagare di meno, e comporta un rimborso per tutti gli anni passati non ancora caduti in prescrizione, cioè quattro.
Questa imposta rende il 2 per cento del Pil, dunque 30 miliardi di euro nel 2008. Il costo del lavoro dà il 70% del gettito, cioè circa 20 miliardi. Con una aliquota media del 30% di imposta sul reddito delle imprese, la detrazione dal suo imponibile dell’Irap sui costi del lavoro darebbe al contribuente, per il 2008, 7 miliardi. E per i tre anni precedenti circa 15 miliardi. Con la norma di Tremonti il rimborso annuo è di 2 miliardi soltanto per il 2008, ma a ciò se ne cumulano altri 5 per i tre anni precedenti.
Il fisco ha stanziato per il 2009 per i rimborsi solo 350 milioni. E ha stabilito la regola del rimborso telematico con la regola che chi arriva primo al cervello elettronico vince. È meglio che stabilire che i rimborsi vanno per primi, ai raccomandati. Ma non è un metodo accettabile.

Probabilmente è in corso un «ravvedimento operoso» da parte dell’Agenzia delle Entrate.

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