Cultura e Spettacoli

Le ire di Furio e gli assicuratori di Camilla

Quando Colombo all’«Unità» fece scappare la redattrice e i timori di mamma Cederna: gli snob in versione italiana

Le ire di Furio e gli assicuratori di Camilla

«Ma Camilla... chi sono questi signori?!» pare chiedesse, ogni tanto, alla Cederna, la mamma, donna di buonissima famiglia milanese, preoccupata per le frequentazioni della figlia giornalista tra la sinistra extraparlamentare e contestataria più scatenata. La risposta, non sempre rassicurante, della Camilla poteva essere anche sarcasticamente surreale, da salotto snob, tipo: «Stai tranquilla, mamma, i signori sono degli assicuratori». Un perfetto siparietto radical chic, forse inventato ma circolante da tempo, che potrebbe essere portato a teatro da Franca Valeri, per un tema, quello della sinistra al caviale, del resto non nuovo neanche allora, se già nei primi anni Sessanta, Luciano Bianciardi, che non era certo di destra, arrivato dalla Maremma delle miniere nella Milano del boom economico, trovava offensiva la ricchezza di Giangiacomo Feltrinelli, l’editore che lo aveva assunto («ricco da far schifo», commentava per la precisione), e non risparmiava sarcasmo neanche a un altro magnate progressista, Adriano Olivetti, che insignì di un inesistente titolo nobiliare.
Non c’è dunque proprio bisogno di essere di destra per non apprezzare chi fa il comunista con indosso i vestiti firmati e troppa attenzione per il look, anche tricologico, vedi note polemiche pasoliniane su capelloni a Praga e figli di papà a Valle Giulia. E vedi anche, più recentemente, alcune crisi causate dallo stile di Furio Colombo all’Unità. L’ex direttore del quotidiano fondato da Gramsci, era talvolta preso un po’ in giro, in redazione, per la macchina con autista, il ciuffo sempre perfetto, le sue puntate a Capalbio. Una volta, per esempio, fece infuriare una veterana del giornale, bacchettandola pesantemente perché aveva usato una parola che a lui non piaceva, facendone dunque il capro espiatorio delle sue idiosincrasie linguistiche mattutine. La poveretta, insofferente di fronte ai modi da professorino snob del direttore, si era alzata e aveva abbandonato la riunione di redazione senza più prendervi parte per alcuni giorni. Un vero e proprio conflitto di classe e di stile.
E se Tom Wolfe, nel suo Radical chic, derideva i cocktail della sinistra liberal newyorchese, Il riformista sfotteva la festa di addio a Roma di Sandro Veronesi, che si è tenuta nella lussuosa casa di Teresa Ciabatti, vicino al Pantheon, una giovane autrice einaudiana la cui camera da letto è foderata dalla completa raccolta della collana Stile Libero. E sulla cui terrazza ballava una bellissima profuga kosovara.

Ma il «succedaneo arancione», come l’ha battezzato Cofferati, è a sua volta pure spesso preso di mira come giornale-salotto di sinistra, club della pipa con annessa cucina vissaniana.

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