Iride Pdl: «II prefetto riapra i rubinetti della democrazia»

«Chiediamo un incontro col Prefetto. In consiglio comunale la maggioranza ha forzato il regolamento per arrivare, in modo poco chiaro, all’approvazione della delibera sulla fusione tra Iride ed Enia». Agguerriti più che mai, nonostante la nottata di lunedì trascorsa senza chiudere occhio, i consiglieri del Pdl, compatti, con qualche occhiaia di troppo, trovano le forze per continuare a combattere.
«A Genova si sono stretti i tempi in modo poco trasparente - accusa il capogruppo di Forza Italia, Raffaella Della Bianca - mentre a Torino la seduta consigliare su questa importante questione è stata convocata addirittura per oggi pomeriggio. Le assemblee straordinarie delle due società in questo modo sono andate deserte». Ore 7.50 di ieri. La sala rossa spegne le luci e i «rubinetti» sulla questione Iride-Enia. Dopo la pioggia di ordini del giorno ed emendamenti, (circa 600 in tutto), finiti sui banchi della giunta, la questione delle due Spa dell’energia si chiude a favore della fusione, (25 voti favorevoli, 12 contrari e 2 astenuti).
Mancanza di controlli da parte della pubblica amministrazione e possibili aumenti delle tariffe sono i punti che per i consiglieri del popolo della libertà «fanno acqua». «La Giunta di Genova ha messo in atto un’architettura finanziaria sulle spalle dei cittadini - tuona il coordinatore metropolitano del Pdl, Gianfranco Gadolla -. Noi, assieme alla Lega Nord e al Gruppo Misto abbiamo dimostrato di essere uniti per la difesa di beni primari come l’acqua e il gas, mentre la maggioranza si è divertita a giocare a Monopoli». «Ci auguriamo di poter parlare il prima possibile col Prefetto - aggiunge la Dalla Bianca - perchè è stato scandaloso il comportamento della maggioranza, che forzando il regolamento comunale, ha portato a contingentare i tempi della seduta».

Il presidente del consiglio di Palazzo Tursi sostiene che ogni decisione della giunta genovese è stata presa nella più completa trasparenza. «Ritardare la deliberazione - giustifica Guerello -, poteva comportare danni all’ente e all’azionariato diffuso trattandosi di società quotate in borsa».

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