Irlanda, le banche aprono i bilanci a Ue e Fmi

L’Ecofin invita Dublino a richiedere al più presto aiuti per almeno 60-80 miliardi. Anche Londra pronta a intervenire Tremonti: "«Italia solida, non collasserà mai. Continuare sulla strada della serietà". Merkel: "Eurozona non a rischio"

Partono oggi i colloqui fra il governo di Dublino e i tecnici della Commissione Ue, della Bce e del Fmi sul sostegno finanziario all’Irlanda in difficoltà. L’obiettivo principale è la ristrutturazione del sistema bancario, da attuarsi, spiega il commissario all’Economia Olli Rehn, «in maniera affidabile e sostenibile». I tempi dell’operazione saranno cruciali; l’Europa invita l’Irlanda ad accettare rapidamente l’intervento di sostegno. «Prima è, meglio è; l’Irlanda da sola non ce la può fare», sintetizza Giulio Tremonti, al termine della riunione dell’Ecofin. Ed esclude che la crisi possa avere ripercussioni in casa nostra: «L’Italia ha una posizione solida; non è un problema, ma è parte della soluzione».
Il nostro Paese «non collassa - aggiunge il ministro dell’Economia -, bisogna continuare sulla strada di serietà e responsabilità seguita dal governo. Nessuno mi ha fatto domande sulla nostra politica». I mercati non mostrano segni di preoccupazione specifica sull’Italia, conferma il direttore del Tesoro Vittorio Grilli.
A partire da oggi, l’Irlanda si prepara ad aprire i libri contabili delle banche ai controllori della Commissione, della Banca centrale europea e del Fmi. Insieme con le tre organizzazioni, al capezzale di Dublino è pronta ad accorrere anche la Gran Bretagna, primo partner economico, finanziario e commerciale. «Se il problemi bancari sono troppo grandi da gestire per un Paese piccolo - ammette il ministro delle Finanze Brian Lenihan -, vuol dire che l’Europa ci aiuterà». E l’Europa è pronta ad agire con «risorse importanti», dice il ministro belga Didier Reynders.
Di certo, la situazione è critica. Secondo stime credibili, il costo per ricapitalizzare il sistema bancario irlandese varia fra 50 e 60 miliardi di euro, circa un terzo del prodotto lordo del Paese. Dopo aver nazionalizzato la Anglo Irish Bank, il governo guidato da Brian Cowen si prepara ad assumere una partecipazione di maggioranza nella Allied Irish Bank. I principali istituti di credito irlandesi sono sempre più dipendenti dai finanziamenti concessi dalla Banca centrale europea: in ottobre i prestiti Bce hanno raggiunto 130 miliardi di euro, con una crescita del 7,3% rispetto al mese precedente. Ma il commissario Rehn ritiene che «sarà difficile per la Bce continuare a fornire liquidità alle banche irlandesi».
Per aiutare le principali banche del Paese, il governo di Dublino ha portato il deficit 2010 alla soglia record del 32% del Pil. La prossima settimana il taoiseach (primo ministro) Cowen presenterà un piano di rientro molto ambizioso, concordato con la Commissione Ue, nel tentativo di ripristinare un clima positivo intorno al suo Paese e, più in generale, sui soci più deboli del Club Euro, come Grecia e Portogallo. In tal senso, le dichiarazioni poco felici del presidente Ue Herbert Van Rompuy sul rischio Europa non hanno certo aiutato: è dovuta intervenire personalmente la cancelliera tedesca Angela Merkel per affermare che «l’Eurozona non è a rischio, anche se stiamo sperimentando turbolenze che un anno fa non avrei nemmeno sognato». E con la Merkel concorda Tremonti: «Questa dichiarazione mi piace di più, ed è più fondata» rispetto a quella di Van Rompuy.
Ed a proposito di dichiarazioni infelici, l’Ue ha dovuto smentire il ministro austriaco Proell, che aveva parlato di rinvio per la seconda tranche di aiuti alla Grecia. Nonostante tutto questo, le Borse europee hanno chiuso ieri con il segno positivo: la piazza migliore della giornata è stata proprio quella di Dublino (+1,5%). L’euro ha chiuso in rialzo, a 1,3541 dollari. L’Ecofin si riunirà in via straordinaria il 16 dicembre per discutere del bilancio Ue 2011, e farà il punto della situazione irlandese.

La rottura sul bilancio «non è stata voluta nè apprezzata dall’Italia», commenta Tremonti. Il ministro dell’Economia si scaglia anche contro gli accordi bilaterali stipulati da alcuni Paesi dell’Unione con la Svizzera, «palesemente contro lo spirito» della direttiva sulla cooperazione fiscale.

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