Irlanda di nuovo nella bufera. Ma l’euro corre

Si rinnovano i timori di default: i contratti sul rischio di insolvenza al massimo storico. Il ministro delle Finanze rassicura: «Gestibile il costo del salvataggio di Anglo Irish». In Portogallo mai così alti i rendimenti sui bond

Irlanda di nuovo nella bufera. Ma l’euro corre

«Credo che la crisi del de­bito europeo sia passata». Il premier spagnolo, Josè Luis Zapatero, ostenta una sicu­rezza che non sembra di casa sui mercati. Il rischio default si è infatti tutt’altro che dissol­to, almeno per quanto riguar­da l’Irlanda. Su Dublino con­tinuano a incom­bere nubi mi­nacciose portate dalla voragi­ne nei conti pubblici provoca­te dal salvataggio del disastra­to sistema bancario. Poco im­porta se il ministro delle Fi­nanze irlandesi, Brian Le­nihan, ha accompagnato ieri l’inevitabile ammissione che per lo Stato il costo del salva­taggio della banca Anglo Irish «è enorme», con la for­mula volutamente rassicu­rante che è anche «molto ge­stibile »: i credit default swap dell’ex tigre celtica,cioè i con­t­ratti con cui si può scommet­tere sul rischio d’insolvenza, sono schizzati di 24,5 punti, al livello record di 465. E lo spread rispetto ai Bund tede­schi è tornato a posizionarsi sopra i 400 punti, a un soffio dal massimo storico. Le tensioni riguardano co­munque un po’ tutti i Paesi periferici: il Portogallo ha col­locato ieri 750 milioni di ob­bligazioni senza particolari problemi (la domanda ha su­perato in media di quattro volte l’offerta),ma a prezzo di rendimenti mai visti dall’in­gresso nell’euro. In un solo mese, inoltre, l’interesse pa­gato sui decennali è passato dal 5,3 al 6,2%. Non è un buon segno, perché riflette i giudi­zi sui rischi di solvibilità. Peri­coli ancor più avvertiti nei confronti della Grecia, con uno spread attorno a quota 885, mentre sono nettamen­te più bassi i differenziale di rendimento sia del debito spagnolo (180 punti), sia di quello italiano (152). La prova che il nodo del de­bito sovrano non è sparito dall’agenda dei potenti è da­ta dall’inserimento proprio dei casi Irlanda e Portogallo nell’ordine del giorno della riunione di ieri del Comitato di stabilità finanziaria, con­vocata al ministero dell’Eco­nomia. Considerata la delica­tezza della situazione, l’aspetto forse più paradossa­le è però la mancanza di ri­percussioni sull’euro. Come se la moneta unica e i Paesi che la rappresentano fosse­ro due mondi paralleli desti­nati a non incrociarsi mai. L’euro è invece risalito ieri al top da cinque mesi, scaval­cando la soglia di 1,34 dolla­ri, a causa delle dichiarazio­ni di mercoledì della Federal Reserve sulla «modesta» ri­presa Usa. Un rallentamento che prelude a maggiori inie­zioni di liquidità da parte del­la banca centrale americana per sostenere l’economia. Esauritasi la spinta generata dall’uscita dalla peggiore re­cessione dagli anni Trenta, molto resta da fare. «Mentre siamo riusciti a spegnere gli incendi finanziari che han­no causato questa profonda crisi economica, non abbia­mo ancora riparato tutti i danni», ha detto il segretario al Tesoro, Timothy Geith­ner. I danni cui fa riferimen­to Geithner rimandano alla disastrosa situazione del mercato del lavoro, ai milio­ni di posti andati in fumo e, con essi, i miliardi di dollari di risparmi bruciati che ora impediscono ai consumi di ripartire. Non conforta il fat­to che nelle casse federali so­no affluiti circa 225 miliardi di utili grazie al Tarp, il piano salva-banche da oltre 700 mi­­liardi: «Le famiglie sono an­cora colpite - ha aggiunto il ministro - e ci vorrà tempo per rimettersi in piedi».

L’esponente dell’ammini­strazione Obama ha ribadito che il Paese si sta muovendo nella giusta direzione «ma c'è ancora molto lavoro da fa­re e molte sfide da vincere». Geithner ha lanciato un ap­pello ai repubblicani per agi­re in maniera bipartisan per rafforzare la ripresa, aiutan­do le piccole e medie impre­se e prorogando i tagli fiscali per la classe media.

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