
La macchina da scrivere. È la nuova tecnologia con cui si sono trovati a confrontarsi i primi poeti visuali, quando c'era chi pensava che il ticchettio della tastiera avrebbe rapito l'anima ai versi. Non il Gruppo Settanta (qui con Eugenio Miccini e Lamberto Pignotti), nato e attivo a Firenze tra il 1963 e il 1968, che con la sfida si è cimentato, riuscendo a portare arte, novità e sperimentazione dove c'erano soprattutto dubbio e timore. Insieme alla pace, che trionfa nella locandina, all'ambiente, ai diritti umani, comunicazione e tecnologia sono uno dei temi chiave di "Global Visual Poetry: traiettorie transnazionali nella Poesia Visiva", promossa dal Dicastero per la Cultura e l'Educazione della Santa Sede, in collaborazione con Regione Lombardia, fino al 31 ottobre a ingresso libero nello spazio IsolaSet di via Galvani. "Il ruolo dell'arte è mostrare ciò che diceva sant'Agostino: nulla è più vicino a noi dell'altro" commenta José Tolentino de Mendonça, prefetto della Cultura vaticana.
I poeti visuali sono ampiamente rappresentati in oltre duecento opere, quasi tutte di dimensioni medie o piccole, interamente appartenenti a collezioni italiane, ma aperte a artisti europei e giapponesi, a sottolineare la forza del dialogo insita nell'arte. La curatrice Raffaella Perna ha ricostruito il percorso che passa attraverso la grafica, il collage, le stampe fotografiche, i manifesti che facevano parte di installazioni multimediali. L'ironia e i richiami pop sono forti ma con un uso della parola molto evidente, decisamente centrale nella riflessione e nella resa artistica che risultano strettamente legate in questa tipologia di arte concettuale. Osserva Perna: "Sin dagli anni Sessanta questi artisti avevano intuito il valore del confronto con la tecnologia. Non è considerata il male, ma l'approccio va effettuato criticamente". Ampio spazio alle donne, a partire da Lucia Marcucci, che ha poi aperto la strada a numerose altre.
A colpire, nell'allestimento, è anche la presenza di numerosi artisti milanesi, a partire da Emilio Isgrò, che nonostante le radicate origini siciliane opera a Milano, con le sue "cancellature" che fanno risaltare ciò che è eliminato, portando a riflettere sull'assenza di quel che esisteva prima. Opera a Milano da decenni anche Giancarlo Pavanello, la cui Via Crucis occupa uno spazio ampio: quattordici eleganti stazioni dove la parola in latino rimanda alle varie fasi della passione di Cristo.
È milanese Emilio Villa, scrittore, filologo, critico d'arte e poeta visivo nato ad Affori nel 1914, noto anche per l'uso del dialetto. Così anche Ugo Carrega: a lui si deve, nel 1971, la nascita del Centro Tool in via Borgonuovo 20, poi diventato Mercato del Sale, centro culturale di carattere sperimentale attivo fino al 1990.