Irpef e Irap, la stangata fino al 2010

Arriva con il correttivo di bilancio approvato ieri dal consiglio regionale l’ennesimo boccone amaro per i cittadini del Lazio: «Le aliquote addizionali di Irpef e Irap saranno mantenute al massimo livello fino al 2010». Parole chiare che l’assessore al Bilancio Luigi Nieri scandisce senza remore e che entrano a far parte della manovra finanziaria con un emendamento a sorpresa dopo che, la giunta Marrazzo, aveva già definito le poste finanziarie da approntare per la copertura del debito aggiuntivo riferito al 2006. Già, infatti se alla Pisana la maggioranza di centrosinistra esultava per l’approvazione definitiva, dopo sette mesi di trafila, del piano di rientro del deficit sanitario da parte dei ministri dell’Economia e della Salute Tommaso Padoa-Schioppa, Livia Turco e il presidente Piero Marrazzo invece, questa ultima operazione di tartassamento doveva passare in sordina. Macché, non gli è riuscito. «Siamo ormai all’accanimento della pressione fiscale mentre - taglia corto il capogruppo di Forza Italia Alfredo Pallone - il piano di rientro è senza misure strutturali serie e credibili e, soprattutto, non mette al centro quella che è la vera missione dell’assistenza ossia la cura del malato ma si limita a tagliare l’offerta di cure con la riduzione spropositata dei posti letto». E sul gettito fiscale calca la mano pure il consigliere Udc Aldo Forte che punta l’indice sui 737 milioni di euro sborsati dai cittadini annualmente a seguito degli aumenti delle addizionali regionali e che «dopo due mesi dall’entrata in vigore del provvedimento hanno già prodotto un incremento del gettito fiscali di 137 milioni di euro a fronte di un taglio netto nei servizi sanitari di 125 milioni di euro. Ma non crediamo che alla giunta Marrazzo questa ulteriore manovra basterà. Tutt’altro. Il rischio è che con questi provvedimenti ci si troverà tra qualche mese di fronte a nuove manovre correttive». Altri dubbi sull’efficacia della gestione contabile regionale sono stati espressi anche dal capogruppo di An Antonio Cicchetti che ribadisce: «Quello che è mancato è stato il sano realismo di una maggioranza che, sapendo di dover risparmiare, si dimostra capace di intervenire e proporre credibili economie - dice -. Ai tagli ipotizzati non crede nemmeno Marrazzo, il quale annuncia che si andrà avanti per sperimentazione». Di qui la dimostrazione che la politica gestionale della sanità sia in materia di ripiano del deficit che delle competenze correnti mostra dei limiti dai contorni ormai più che definiti: nel 2006 il debito sanitario è salito a un miliardo e 600 milioni di euro. Basta questo assunto per far dire al vicepresidente della commissione Sanità Stefano De Lillo (FI) che le misure adottate in materia di risparmio non sono misure concrete perché «produrranno più costi che risparmi: basti pensare allo spostamento del costo di alcuni farmaci dalla voce “spesa farmaceutica” a quella “beni e servizi” per effetto della distribuzione in nome e per conto, ai nuovi costi di personale che saranno prodotti dalla distribuzione diretta e pure, ai costi enormi di operazioni faraoniche come il taglio dei posti letto e alla chiusura di interi ospedali». C’è poi un aspetto bizzarro che l’azzurro definisce «dirigista» e che designa «il fallimento di un sistema di sanità pubblica degno di questo nome: il piano introduce il cosiddetto “farmaco di riferimento”, un “farmaco di Stato” col quale l’amministrazione pretende di sostituirsi alla scienza medica annullando la libertà di scelta terapeutica di medici e pazienti».

E l’allusione al farmaco di Stato è presto svelata con l’accenno ai vincoli posti all’utilizzo dei gastroprotettori: il servizio sanitario regionale da oggi, passerà gratuitamente solo quelli sotto agli 11 euro a confezione, per il resto i pazienti dovranno versare la differenza. E con un provvedimento così si fa presto a pensare male: «Non vorremmo che si comincia con i gastroprotettori per continuare - chiosa De Lillo - con chemioterapici o altri salvavita».

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