RomaServizi segreti e servizietti pubblici: lultima frontiera della teoria del complotto di cui Gianfranco Fini sarebbe vittima diventa lo studio di Lucia Annunziata su Rai3, che ieri a «In mezzora» ha invitato, a sorpresa, il vicequestore ed ex consulente informatico (per il suo archivio di intercettazioni è indagato) e «simpatizzante» dellIdv, Gioacchino Genchi. Uno che domenica scorsa la stessa Annunziata, per capire, aveva definito «inquietante».
Tema della puntata, la «macchina del fango». E quale è il miglior modo di cominciare una puntata che parla di minacce e dossieraggi? «Evocare» unintercettazione. «Cominciamo - attacca infatti lAnnunziata, rivolta a Genchi - da una questione: Fini, il dossier di Fini, il nome di Lavitola, direttore dellAvanti!. Le devo confessare che mentre preparavo la puntata con lei ho sentito unintercettazione. Non la possiamo far sentire qui perché come sapete non è legale. Io lho sentita, e cè una telefonata tra Lavitola e unaltra persona di cui non rivelerò il nome, in cui appunto si parlava già di come riportare LAvanti nellarea berlusconiana, si facevano nomi, si davano giudizi neanche sotto tortura dirò i nomi e i giudizi. Però lho sentita, e la cosa più interessante di questintercettazione - che non mi ha dato Genchi, lo dico a chi ci ascolta - è che è del 2005, quindi se cè una macchina del fango che lavora intorno a Lavitola è dal 2005».
Roba forte, l«intercettazione raccontata». Dove sia stata pescata però non è dato sapere né lAnnunziata ha spiegato a quale procedimento sarebbe relativa, chi sarebbe indagato e per quale ipotesi di reato. E nemmeno è chiaro quale attinenza abbia quella telefonata con le vicende degli ultimi giorni, considerato che la stessa conduttrice ne rivela un contenuto squisitamente politico: avvicinare a Berlusconi un quotidiano già darea Pdl (come del resto ha più tardi sottolineato lo stesso Lavitola in una nota). Che cosa centra la macchina del fango?
Ma è lintera trasmissione, alla quale interviene anche il senatore del Pd Luigi Zanda, a sostenere una tesi piuttosto arbitraria: ossia che i dossieraggi siano una sorta di «cifra stilistica» del governo Berlusconi, rivolti anche contro lo stesso premier. Che, butta lì Genchi, «rischia di essere sotto ricatto». Sullaffaire monegasco in sé, nemmeno una parola. Se non per dire «a merito di Fini» e per bocca di Genchi che gli uomini della «zona grigia» su questa storia «abbiano commesso errori», «non trovando di più e di meglio».
Un filo surreale che corre lungo lintera «mezzora», nel corso della quale è ancora Genchi a tirare in ballo Lavitola, quando lAnnunziata gli chiede conto del ruolo nella vicenda delleditore: «Certamente ha agito su mandato di qualcuno, è andato in uno Stato, chiamiamolo Stato, in cui lassessore alla polizia urbana magari si chiama ministro, ha avuto delle entrature». Ma la prova della «patacca», incalza lAnnunziata? «La tecnica - illumina Genchi - non è creare un dossier falso con presupposti artefatti. I dati oggettivi ci sono». Ma appunto, per Genchi, veri o falsi che siano i documenti Lavitola ha un «mandante», perché LAvanti non può permettersi un jet privato, anzi, «probabilmente ha difficoltà ha pagare un fattorino per portare al macero le copie che non si vendono». Ed è ancora Genchi che, commentando lipotesi che in azione ci siano apparati di intelligence internazionali, critica la politica estera di Berlusconi, «appiattita tra Libia, Putin e ora Saint Lucia», il cui ministro della Giustizia, gigioneggia Genchi con far dipietrista, «in tre giorni ha fatto per Berlusconi quello che Alfano non è riuscito a fare in anni».
Tra teorie del complotto, macchine del fango e zone grigie, sempre lex consulente informatico di De Magistris tira fuori lultimo indiretto accenno alla vicenda della casa: unaltra sorpresina per Lavitola, spiegando che «nellultima indagine a cui stavo partecipando» avrebbe «trovato contatti» tra un «funzionario portato nei servizi di sicurezza da questo governo» e leditore direttore dellAvanti.
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