La voglia di cambiamento ispirata dalla elezione di Obama sembra aver raggiunto Israele attraverso le elezioni municipali di martedì. Sindaci da anni al potere sono stati sostituiti e a Gerusalemme il candidato degli ortodossi Porush, membro di una «dinastia» coinvolta nell'amministrazione della città sin da prima della creazione dello Stato, ha subito una cocente sconfitta. Il vincitore, Nir Barkat (52% dei voti), è un giovane e ricco imprenditore tecnologico, che già quattro anni fa aveva tentato di conquistare la municipalità perdendola a favore degli ortodossi per soli 15mila voti. Questa volta è riuscito a mobilitare il voto dei laici, molti dei quali tendono a emigrare a Tel Aviv piuttosto che opporsi allo strapotere dei religiosi, usando il riuscito slogan «A Gerusalemme c'è posto per tutti o per nessuno».
Ha promesso (imitando Obama) di essere il «sindaco di tutti» e di lottare per il risveglio di una città sempre più in declino. Le sue promesse gli hanno portato qualche voto nei quartieri arabi (dove in larga misura gli elettori si sono astenuti per non legittimare l'amministrazione ebraica) e quello più importante dei religiosi sionisti, che hanno contribuito a rompere il fronte degli ortodossi. Il voto di Gerusalemme ha evidenziato proprio le crepe all'interno di questultimo fronte. Per esempio il malcontento degli ebrei religiosi di origine orientale che vedono spesso figli e figlie rifiutati dalle migliori scuole dominate dagli ortodossi di origine occidentale; le beghe di prestigio e per il riconoscimento della rispettiva autorità nella interpretazione e nella applicazione quotidiana della tradizione biblica.
Naturalmente tutti i partiti, in campagna per le elezioni politiche del prossimo febbraio hanno cercato di interpretare i risultati delle amministrative a loro favore. Kadima si vanta di aver battuto i candidati del Likud in 12 municipalità; il Likud di averne vinte 4 e il partito di estrema destra «Israel Beitenu» di Avigdor Liberman di aver raddoppiato la sua presenza.
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