Gian Micalessin
Che non fosse la giornata propizia per le strette di mano tra palestinesi lo si era capito fin dal canto del gallo. Mentre da Washington George W. Bush e Ehud Olmert fissano la fine dellanno come termine ultimo per la trattativa intimando ad Hamas di riconoscere Israele e al presidente palestinese Abu Mazen di trasformarsi in un partner negoziale credibile, a Gaza si prepara unaltra giornata di sangue e vendetta. Iniziano quelli di Fatah con il rapimento, in stile iracheno, di tre militanti fondamentalisti appena usciti dalla moschea dopo la preghiera dellalba. Per i sequestrati non cè pietà. Prima tre colpi di kalashnikov a bruciapelo, poi labbandono. Quando li ritrovano uno è già cadavere, gli altri due sono gravi, ma vivi. In questatmosfera iniziano sei ore di colloqui per concordare una tregua. Ma proprio mentre i capi di Fatah annunciano laccordo cade la prima vittima eccellente. Nadil Hodhod, capo delle forze délite della Sicurezza preventiva, la più importante milizia di Gaza controllata dai pretoriani del presidente, viene dilaniato dallesplosione di una bomba piazzata dentro la sua vettura. Il suo vice colpito prima di sedersi in macchina è gravemente ferito.
Mentre su Gaza soffia sempre più forte il vento della guerra civile i palestinesi devono anche far i conti con il senso di rabbia e delusione instillato dal vertice di Washington. Dal loro punto di vista i sette mesi di tempo concessi ad Abu Mazen per dimostrarsi in grado di negoziare sono solo un ultimatum per un copione già scritto.
Al miracolo probabilmente non credono neppure Olmert e Bush, ma la diplomazia ha i suoi tempi. Per aprire il capitolo del nuovo ritiro dalla Cisgiordania bisogna prima chiudere quello della road map. Solo dopo aver evidenziato la secca negoziale e archiviato lipotesi di una trattativa con il presidente palestinese, Stati Uniti e israeliani potranno ufficializzare il piano per la ridefinizione dei confini studiato da Olmert. Dunque per ora il primo impegno è incontrare il presidente palestinese. «Dedicheremo quel che resta di questanno con sincero e reale impegno a vedere se sia possibile negoziare con Abu Mazen spiega il ministro della Giustizia Haim Ramon, conosciuto come uno degli uomini di governo più vicini ad Olmert - ma se risulterà chiara lassenza di una controparte passeremo al piano di convergenza».
Negli ultimatum concordati alla casa Bianca da Bush e da Olmert è compresa lincognita Hamas. «Se riconosceranno il nostro diritto a esistere, scopriranno la nostra disponibilità alla pace», ricordava ieri il premier israeliano fissando però la fine dellanno come termine ultimo. Se lorganizzazione fondamentalista decidesse, dunque, di riconoscere Israele, rinunciare alla lotta armata e confermare gli accordi siglati dallAutorità palestinese, Olmert rischierebbe di veder nuovamente ritardati i suoi piani. Il passo ipotizzato da fonti vicine al premier Ismail Haniyeh è però largamente improbabile per lirriducibile opposizione dellala dura in esilio a Damasco. Più pericoloso, invece, il profondo senso dinsoddisfazione instillato anche nei palestinesi moderati, dal vertice di Washington.
La sanguinosa battaglia nel cuore di Ramallah costata la vita ieri pomeriggio a quattro palestinesi dopo unincursione delle forze speciali israeliane rafforza anche negli uomini del presidente palestinese lidea che il governo Olmert abbia rinunciato preventivamente a qualsiasi trattativa.
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