Israele prepara l’attacco aereo per fermare il nucleare iraniano

La censura militare dà il via libera alla pubblicazione di notizie sulle squadre di bombardieri pronti a colpire

da Gerusalemme

La teoria, o il bluff, è sempre la stessa. Si basa sull’assunzione del «non ritorno», ovvero sull’idea che l’Europa e gli Stati Uniti finiranno con l’arrendersi all’idea di un Iran nucleare. Così, a poche ore da alcuni cruciali appuntamenti europei del grande negoziatore Alì Larijani (che minaccia «un passo più grande» in campo nucleare in caso di nuove sanzioni), il ministro degli Interni della Repubblica Islamica Mostafa Pour Mohammadi alza la posta e dichiara il possesso di un quintale di uranio arricchito. Salvo smentire tutto in poche ore. Il gioco di dichiarazioni e smentite rientra forse nelle manovre messe a punto in vista dei colloqui di ieri a Vienna tra Larijani e il capo dell’Aiea (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) Mohammed El Baradei. Un incontro seguito, oggi, dall’appuntamento di Lisbona con il responsabile della politica estera dell’Unione Europea Javier Solana. Dai due incontri dipende l’avvio di nuovi negoziati o l’inasprimento delle sanzioni dell’Onu.
Il malloppo nucleare accantonato dall’Iran, secondo le dichiarazioni attribuite a Pour Mohammadi dall’agenzia non ufficiale Isna, sarebbe uscito dalle tremila centrifughe di Natanz. «Inizialmente siamo stati bloccati perché l’Occidente ostacolava il funzionamento delle prime 20 macchine – spiega Pour Mohammadi – ma ora abbiamo 3000 macchinari in funzione e abbiamo immagazzinato oltre cento chili di uranio arricchito». Il ministro non specifica il livello d’arricchimento, ma l’Aiea dà per scontato che non oltrepassi quel 5 per cento sufficiente all’ottenimento di combustibile nucleare. Il superamento dell’85 per cento indispensabile per usi militari richiederebbe centrifughe molto più sofisticate, capaci di resistere a rotazioni vicine alla velocità del suono. Quella soglia tecnica rappresenta il punto di non ritorno nel caso Teheran voglia, come sospettano Stati Uniti, Europa e Israele, dotarsi di armamenti atomici. Per assemblare il primo ordigno nucleare i laboratori di Teheran dovranno, secondo gli esperti, produrre almeno mezza tonnellata di materiale fissile.
Un eventuale spregiudicato gioco al rialzo sul tavolo del poker nucleare rischia, però, di trascinare al punto di non ritorno anche Israele. Durante una conferenza stampa negli Stati Uniti l’ex premier israeliano Benjamin Netanyahu fa, infatti, sapere che il mondo non potrà abituarsi all’idea di un Iran nucleare. Il monito, pronunciato dal leader dell’opposizione, riflette un’idea largamente condivisa da tutti gli schieramenti politici israeliani. Proprio ieri la censura militare ha dato il via libera alla pubblicazione delle notizie sulle esercitazioni degli squadroni di bombardieri pronti a colpire le installazioni nucleari iraniane. L’addestramento, in corso da mesi, prevede l’infiltrazione attraverso la Turchia a nord, l’Arabia Saudita a sud e l’Irak nel centro, di una flotta di una cinquantina fra F16 ed F15 divisi lungo tre corridoi.
Il raid, secondo il quotidiano Maariv, scatterà non appena i servizi segreti comproveranno il superamento da parte iraniana del punto di non ritorno. In quello stesso momento il comando dell’aeronautica riceverà il via libera all’operazione e caricherà sui bombardieri le cinquanta testate da 1000 e 2500 chili destinate a distruggere i laboratori nucleari di Natanz, Isfahan e Arak.

Il grande salto da 4000 chilometri, con complessi rifornimenti in volo, potrebbe scattare poco dopo il summit di fine anno in cui Israele e Stati Uniti valuteranno l’efficacia delle sanzioni imposte dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu.

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