Istruzione, ritorna le scuola che prepara al lavoro

L’obbligo scolastico rimane fino ai sedici anni, ma ora gli studenti potranno iscriversi ai corsi regionali di formazione professionale già a quattordici

da Roma

Gli studenti potranno iscriversi ai corsi regionali di formazione professionale a 14 anni, assolvendo così all’obbligo scolastico che non viene più limitato al canale di istruzione. Con un emendamento alla manovra finanziaria approvato dalla Camera si rende definitiva una norma che già era operativa a livello sperimentale e che, in via transitoria, era stata confermata anche dall’ex ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni durante il governo Prodi.
In concreto non cambia quasi nulla visto che la sperimentazione era già in atto da 5 anni, nella linea scelta dalla riforma messa a punto dalla responsabile dell’Istruzione del precedente governo Berlusconi, Letizia Moratti. L’opposizione, il leader del Partito democratico Walter Veltroni e la Cgil però contestano la decisione, accusando il governo di aver di fatto ridotto gli anni dell’obbligo scolastico. Accuse respinte dal ministro Mariastella Gelmini. «L’emendamento proposto dal governo non incide minimamente sull’obbligo di istruzione che rimane a 16 anni - spiega -, Veltroni è stato male informato dai suoi collaboratori: l’obbligo rimane e può essere assolto nei percorsi di formazione professionale».
Gli argomenti della polemica sono gli stessi di cinque anni fa. Enrico Panini della Cgil e lo stesso Veltroni ritengono che in tal modo si venga a creare un canale di istruzione di alto livello e qualificazione (i licei prima di tutto e in seconda posizione gli istituti tecnico-professionali) e un altro invece decisamente scadente, rappresentato proprio dai corsi di formazione professionale triennali organizzati dalle regioni.
A difendere le scelte del governo interviene l’ex sottosegretario all’Istruzione, Valentina Aprea, oggi presidente della Commissione cultura della Camera. «Con questo provvedimento si afferma la pari dignità dei due percorsi: quello dell’Istruzione e quello della Formazione professionale», assicura la Aprea che spiega come il provvedimento sia utile e necessario anche nel quadro delle normative europee. «Intanto in questo modo ci allineiamo all’Europa: le qualifiche rilasciate dai corsi infatti sono uguali per tutta la Ue. Gran Bretagna e Germania ad esempio prevedono da tempo l’inserimento nella formazione a 14 anni - ricorda la Aprea -. Siamo convinti che soltanto con la differenziazione si possa contrastare il fenomeno della dispersione scolastica. L’uniformità non è la risposta giusta, occorre andare incontro alle inclinazioni dei singoli studenti, proporre percorsi differenziati che abbiano legami concreti col mondo del lavoro».
Per Veltroni in questo modo «si nega il principio delle pari opportunità» e per il segretario generale della Cgil scuola, Enrico Panini, «si riporta l’orologio della storia agli anni ’50, spaccando l’unitarietà del sistema e creando un canale parallelo discriminatorio».
La Aprea non si stupisce della posizione contraria della Cgil, già nota. «Per il sindacato - osserva - questo cambiamento rappresenta in qualche modo una perdita di potere».
L’ex sottosegretario però non capisce il leader del Pd. «È incomprensibile la critica di Veltroni visto che Fioroni aveva confermato il sistema anche se in via transitoria - osserva -.

Oltretutto vorrei ricordargli che anche in regioni governate da giunte di sinistra come il Lazio e la Liguria, la sperimentazione è andata avanti promuovendo corsi regionali avanzatissimi che hanno riscosso notevoli successi. Si informi se non lo sa».

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