Cultura e Spettacoli

«Before it had a name»: l’enigmatico nulla di Giada Colagrande

da Venezia

Le donne fanno fare follie. Ne sa qualcosa Willem Dafoe che si è prestato a interpretare Before it had a name, presentato ieri alle Giornate degli Autori. Dietro e davanti alla macchina da presa c'è la trentenne Giada Colagrande con cui l’attore statunitense s’è sposato lo scorso marzo. Vent’anni di differenza che hanno tratto in inganno il quotidiano spagnolo El Pais il quale l'altro ieri, sotto la foto dei due, scriveva: «Dafoe e sua figlia Giada».
Le donne fanno fare follie. Altrimenti non si capirebbe perché l'interprete di L'ultima tentazione di Cristo e Platoon si sia lasciato coinvolgere in un film che ha sì un capo e una coda ma veramente nient’altro. Se non il ripetersi di ossessioni erotico-intellettuali di una regista che sembrava avere qualcosa da dire nella sua ben più estrema opera prima, Aprimi il cuore, presentata al Lido tre anni fa. E allora ecco la storia di una giovane donna italiana, Eleonora (la Colagrande) che ha ereditato dal suo appena defunto amante un’enigmatica casa moderna rivestita di gomma nera nella campagna newyorchese e si reca a visitarla.
Ad attenderla il custode Leslie (Willem Dafoe), che la introduce ai segreti della casa. I due, naturalmente, hanno una relazione d’amore. E per fortuna, perché sono proprio le scene di sesso, già entrate di diritto tra le più stracult degli ultimi anni (vediamo Dafoe sfilarle l’assorbente prima d’un rapporto orale), a essere la parte più divertente dei 99 minuti di film in cui sembra debba accadere chissà che cosa e invece niente.
La regista prova a spiegare il senso dell'operazione: «Before it had a name era una trasmissione radiofonica americana che raccontava storie di cose ed eventi prima che avessero un nome e di quanto il nome determini la percezione e la comprensione della cosa stessa. Il film è nato da questa idea e nel mettere in scena un uomo, una donna e una casa di gomma ho cercato l’impossibilità di definirli. Ho tentato di immaginare spazio, memoria, paura, amore e forse anche follia, prima che avessero un nome». Non è chiaro? La parola allora a Dafoe: «Per la prima volta ho contribuito a una sceneggiatura.

Poi sul set, come attore, ho tirato fuori tutti i sentimenti e anche un po’ d’impulsi irresponsabili che Giada è riuscita a ben incanalare».

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