«Italia come l’Europa» Arriva la banca dati con il Dna dei criminali

Dopo la falsa partenza con Prodi, un disegno di legge istituisce un laboratorio specifico. Stanziati 8 milioni di euro, l’archivio lavorerà con l’estero. Il criminologo Picozzi: «Tempi rapidi per tante indagini»

da Roma

Per il criminologo Massimo Picozzi, popolare volto televisivo, è una rivoluzione storica: «Eravamo uno degli ultimissimi Paesi d’Europa a non avere ancora una banca dati del Dna. Un ritardo inaccettabile». Ora, finalmente, dopo, la falsa partenza di Prodi, ci dovremmo essere. E la lotta alla criminalità farà sicuramente un salto in avanti importantissimo. Il governo Berlusconi scommette sull’investigazione: il disegno di legge - inserito nel pacchetto sicurezza - prevede anzitutto la creazione di un laboratorio presso il Dap, il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Qui verrà ricavato il Dna di tutti i detenuti italiani. Come? Analizzando i campioni di saliva raccolti carcere per carcere. Lo sforzo sarà imponente: si tratta di «catalogare» i dati di circa 60mila persone - escluse quelle arrestate per alcuni reati non violenti - nell’arco di 2 anni con una spesa di 3,9 milioni di euro per il 2008 e altrettanti per il 2009. In pratica, circa 130 euro a detenuto. Poi i costi scenderanno perché a regime la «fabbrica» del Dna produrrà circa 20mila profili l’anno, con una spesa non superiore ai 2,6 milioni di euro.
Quattro milioni e mezzo di euro serviranno invece per comprare le apparecchiature: scientifiche - frigoriferi, centrifughe, sequenziatori - e informatiche. Infatti, ed eccoci al secondo passaggio, tutti i profili con nome e cognome confluiranno nella banca dati, istituita presso il Dipartimento della sicurezza. Nella stessa struttura verranno archiviati tutti i campioni, spesso anonimi, prelevati sulle scene del crimine in tutta Italia, da Garlasco a Perugia, e ora conservati nei fascicoli processuali. «Non attendiamoci miracoli, specialmente all’inizio - prosegue Picozzi - ma nel giro di tre-quattro anni la percentuale di risoluzione di rapine, omicidi, stupri crescerà inesorabilmente. Pensiamo ad esempio alle rapine: facile immaginare che nel corso di un’azione un bandito perda una ciocca di capelli; il Dna estratto da quel capello verrà immediatamente paragonato con quelli presenti nella banca dati che presto arriveranno a quota centomila e continueranno a crescere. È probabile che si arrivi presto all’identificazione del rapinatore che di solito è un professionista dal lungo curriculum. E lo stesso accadrà, anche se in misura diversa, per gli omicidi, gli stupri, le violenze».
Altrettanto importante sarà il Dna per ricostruire le storie dei clandestini. Anche perché grazie al trattato di Prum quei dati saranno confrontabili con quelli delle altre banche dati europee. Così, magari scopriremo rapidamente che un irregolare fermato nel nostro Paese ha precedenti di una certa gravità in Germania o in Inghilterra. Insomma, i benefici saranno incalcolabili. «E alla lunga - assicura Picozzi - la collettività risparmierà. Proviamo a immaginare cosa può essere costata in vent’anni l’indagine sul mostro di Firenze, senza peraltro arrivare a una conclusione certa.

E consideriamo che da una parte c’era molto materiale biologico sulla scena dei delitti e dall’altra l’inchiesta ha girato intorno a un numero ristretto di sospettati. Un confronto delle tracce con i profili del Dna avrebbe risolto vari delitti: i sospettati sarebbero stati inchiodati da quella prova schiacciante oppure prosciolti definitivamente».

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