Alessia Marani
Un giro daffari di almeno tre milioni deuro in pochi mesi, circa ventimila codici pin di carte di credito carpiti utilizzando una rete di commercianti compiacenti, ma anche rubando o manomettendo macchinette «Pos» a Roma, lAquila e Cecina (Toscana). I dati sottratti venivano spediti via email o tramite sms nella centrale «operativa» di Vrancea in Romania, dove operava la mente del gruppo, un macedone di 32 anni contro cui la Procura capitolina ha emesso unordinanza di custodia cautelare in carcere per associazione a delinquere, ma che ancora è uccel di bosco insieme con altri tre complici per il mancato riconoscimento dellestradizione.
Sottrarsi alle grinfie dellorganizzazione per i malcapitati era praticamente impossibile. La spesa al supermercato, la cena al ristorante, persino il pernottamento in un agriturismo o il noleggio di unautovettura, si trasformavano di volta in volta in trappole micidiali. «Al momento di far passare la banda magnetica della carta o del Pagobancomat sulla macchinetta - spiega Giovanna Petrocca, a capo della II sezione della squadra mobile capitolina - un microchip inserito allinterno copiava il codice digitato e impresso allistante nella memoria temporanea dellapparecchio. Questo nel caso in cui lesercente fosse daccordo coi balordi, altrimenti la banda rubava direttamente i Pos e ne copiava i Pin contenuti con tutta calma. Lelaborazione avveniva utilizzando un software chiamato Amico, in grado di decriptare le cifre. Quindi, la gang con un semplice messaggio inviato col telefonino o in posta elettronica inviava le coordinate in Romania per lo stoccaggio e la distribuzione delle carte clonate».
Di spese «pazze», trovate accreditate sul proprio estratto conto, ma mai realmente effettuate, la dottoressa Petrocca ne sa qualcosa. «Più di un anno fa - racconta - mi clonarono il Bancomat, probabilmente in un ipermercato del Tiburtino. Le mie coordinate vennero utilizzate per fare acquisti Oltralpe».
«Purtroppo - aggiunge Alberto Intini, dirigente della Mobile - non ci sono sistemi certi per non farsi truffare. Fondamentale è controllare ogni voce di spesa per bloccare il prima possibile lutilizzo della carta. Poi non permettere mai che la strisciata al lettore ottico venga effettuata lontano dai propri occhi». Ma contro il sodalizio italoromeno sgominato dopo sei mesi dindagine (loperazione era partita proprio da una serie di investigazioni della II sezione su un giro di prostitute straniere, nella cui abitazione vennero trovate tesserine magnetiche e computer) davvero poco gli ignari avrebbero potuto fare. Un sistema ingegnoso quello architettato dal boss macedone, messo in pratica grazie alle conoscenze specifiche del «tecnico», Joszef V., 26 anni, lunico dei tredici raggiunti dallordinanda di custodia, ad avere evitato il carcere per lobbligo di firma. Basisti un romano residente a Ladispoli, Vincenzo F., di 52 anni, e due abruzzesi, Giancarlo L. di 33 anni, e Giancarlo M., di 32. A LAquila i due gestivano un autonoleggio e un negozio dautoricambi. Inoltre avevano cooptato ristoratori «amici» presso i cui Pos installare i microchips decodificatori.
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