Un brivido freddo inizia a correre lungo la schiena dei professionisti dellantiberlusconismo. Nei giorni torridi in cui commentatori ed editorialisti si esercitano nel celebrare lennesimo funerale politico di Silvio Berlusconi e faticano a tenere a bada le penne, più simili a coppe di champagne che a strumento di analisi, una voce dal sen fuggita, quella di Ilvo Diamanti, intona un monito.
Non saranno i versi indimenticati di Carlo Alberto Rossi - «E se domani, e sottolineo se, allimprovviso perdessi te, avrei perduto il mondo intero, non solo te» - ma i toni e le parole che il sociologo e politologo sceglie per descrivere lItalia post-berlusconiana nel suo articolo «Se il Cavaliere uscisse di scena» appaiono come la prefigurazione di una futura nostalgia, se non di un impronunciabile rimpianto.
«Silvio Berlusconi è lunico ad aver unito lItalia, nella Seconda Repubblica. A modo suo, intorno a sé» scrive Diamanti su Repubblica. «Senza di lui la base elettorale e il ceto politico al Sud si frammenterebbe in tante piccole leghe meridionali» continua lanalista politico. «Al Nord la Lega rafforzerebbe il suo radicamento e investirebbe senza troppe remore nellindipendenza della Padania. Il centrosinistra, perduto il nemico, si rifuggerebbe nella sua fortezza di sempre: le Regioni del Centro. Insomma, luscita di scena di Berlusconi accentuerebbe le divisioni del Paese che egli, in questi anni, ha coltivato e dissimulato. E aprirebbe un vuoto di potere: politico e di senso».
Lultimo passaggio è una sorta di avvertenza scaccia-illusioni, un memento rivolto a chi pensa che esistano soluzioni miracolose e taumaturgiche dietro langolo. «Se Berlusconi uscisse di scena ora, allimprovviso, non solo la maggioranza ma anche lopposizione di centrosinistra - il paese stesso - si troverebbero spaesate» chiosa Diamanti. «Il sistema politico italiano, scosso da conflitti politici e di leadership, perderebbe la bussola. Il corpo dello Stato, insieme al corpo politico e sociale, rischierebbe di decomporsi, insieme al corpo del Capo che li riassume tutti in sé. I problemi del Paese non si risolverebbero allimprovviso. Ma si riproporrebbero seri e gravi».
La fine del «vizio e del brivido dellanomalia», insomma, non ci risveglierà da un brutto sogno e non ci consegnerà un Paese diverso. E la favola del berlusconismo come invasione barbarica nel mondo perfetto della politica non potrà reggere alla prova dei fatti. LItalia, insomma, non cambierà per la sottrazione di un leader, dice Diamanti. Ciò che senzaltro cambierà è invece la vita - e il reddito - della grande industria dellindignazione antiberlusconiana, improvvisamente trasformata in un universo di reduci alla ricerca di una identità, «cloni di segno opposto che esistono finché lui esiste», per dirla con Beppe Grillo.
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