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"Gli italiani stanno bene ma bisogna fare presto"

Il ministro Frattini rassicura le famiglie dei cinque nostri connazionali: "Le condizioni degli ostaggi sono buone". E ora si scopre che, nella zona, pochi mesi fa fu sequestrato anche un turista tedesco

"Gli italiani stanno bene ma bisogna fare presto"

Per ora hanno trovato solo alcuni bagagli sparsi nel deserto degli undici turisti (più otto accompagnatori egiziani) rapiti fra Egitto e Sudan.
Il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, assicura che i cinque nostri connazionali italiani in ostaggio dei «predoni» stanno bene. Ma ora si chiarisce decisamente come questo sequestro di gruppo avrebbe potuto essere evitato. Basta andare su Internet per scoprire come nell’ambiente degli amanti del Sahara si sapesse perfettamente quanto fosse pericoloso passare le vacanze in quelle zone.

«Negli ultimi due anni si sono avute già tre aggressioni e rapine a danno di turisti che si sono avventurati (...) dall'Egitto», scrive in rete un gruppo di escursionisti italiani. Fra dicembre e gennaio loro avevano compiuto una spedizione nella parte libica, la più sicura, del Jebel Uweinat. La montagna-isola nel deserto dove gli italiani e i loro compagni di sventura sono tenuti prigionieri.

Il quotidiano di Berlino Tagesspiegel, aggiunge un altro particolare inedito scrivendo di un turista tedesco preso in ostaggio alcuni mesi fa, nella stessa area. La vittima preferì però tacere «per evitare interrogatori e formalità fastidiose». Certo, se avesse raccontato della disavventura sia i tour operator sia gli altri turisti in cerca di avventura ci avrebbero pensato due volte prima di ficcarsi nei guai.
L’ex ostaggio ha ammesso di essere stato sequestrato insieme con la sua guida, un meccanico locale e un ufficiale dell’esercito egiziano. E trattenuto per dieci giorni dai guerriglieri della Sudan Liberation Army, che lo hanno derubato. Un magma di gruppi ribelli in lotta con il governo sudanese nel Darfur.

«Il settore meridionale del Jebel Uweinat in Sudan è pericoloso e frequentato da banditi. Non c'è da stupirsi: il Darfur e la guerra sono a solo un giorno o due di fuoristrada!», si legge sul sito Terramata. Il lato sudanese della montagna è la zona più a rischio. Gli escursionisti-esploratori aggiungono: «La situazione attuale non consente proprio di immaginarlo come una meta di viaggio. Alla sua base transitano gruppi armati di contrabbandieri che attualmente sono diventati un rischio anche per i turisti che ripetono il super sfruttato tour classico del Gilf Kebir, in Egitto».

Lo stesso tragitto scelto dalla comitiva degli occidentali rapiti venerdì scorso. Le forze di sicurezza egiziane e sudanesi stanno rastrellando la zona e interrogando i capi beduini. Durante i pattugliamenti sono stati trovati cinque bagagli degli ostaggi disseminati nel deserto nel raggio di 500 metri. L’impressione è che fossero stati gettati dai fuoristrada in corsa che si portavano via gli ostaggi durante la fuga verso il Sudan. I bagagli contengono effetti personali di alcuni degli 11 sequestrati, fra i quali ci sono 5 tedeschi e una romena.
«Una cosa che si può dire è che la condizione dei nostri connazionali è buona», rassicura Frattini da New York. Ali Youssef Ahmed, funzionario del ministero degli Esteri sudanese aveva poche ore prima ribadito: «Oggi siamo al 100% sicuri che i rapiti sono okay».

Le forze di sicurezza di Khartum hanno circondato l’area del Jebel Uweinat, dove sono stati portati gli ostaggi. «I rapitori vengono osservati a distanza. Conosciamo i loro movimenti», ha spiegato Ahmed. Il problema è che sulla montagna in mezzo al deserto le condizioni sono dure. Una comitiva con 11 ostaggi europei, 8 egiziani, più i rapitori ha bisogno di molta acqua e viveri per sopravvivere. Anche per questo motivo e per evitare l’intrusione di altri gruppi più pericolosi e politicizzati bisogna chiudere in fretta.
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