Perché nel centrodestra il quadro sia davvero chiaro dovremmo aspettare la prossima settimana. Solo allora, quando la scadenza dei termini per presentare le liste sarà imminente, si potrà fare una previsione seria dell'esito della tornata elettorale, studiando caso per caso dalla Puglia alla Campania, passando per la Liguria la mappa dei partiti che alla fine sosterranno i diversi candidati. A quel punto si potrà finalmente valutare con buona cognizione di causa quanto le liti e gli strappi di questi giorni peseranno in termini di numeri. Non solo sugli aspiranti governatori, ma pure sui singoli partiti, con Forza Italia che ha come obiettivo minimo quello di restare a due cifre (così da dimostrare di essere ancora in vita) e la Lega che punta invece al 15% (in modo da lanciare Matteo Salvini come leader nazionale).
Una partita difficile, nella quale il centrodestra rischia seriamente di pagare dazio. Uno scenario, questo, in cui Matteo Renzi sembra peraltro deciso a spingere sull'acceleratore, così da ottenere il massimo risultato dall'intrinseca debolezza dell'avversario. Non è un caso che il premier sia deciso a scendere in campo in prima linea nelle sette Regioni al voto il 31 maggio. E a personalizzare la campagna elettorale al punto di trasformarla in una sorta di referendum pro o contro la sua persona e il suo governo.
È questa, con ogni probabilità, la ragione della tanta fretta che ha Renzi sulla riforma elettorale. Se la Camera la dovesse approvare senza alcuna modifica, sarebbe a tutti gli effetti legge dello Stato e il premier potrebbe usarla come testa di ponte della sua campagna elettorale. Per quanto poco appeal possa avere verso gli italiani l'Italicum, un via libera definitivo su una materia così delicata dopo solo 15 mesi dall'insediamento a Palazzo Chigi sarebbe una dimostrazione tangibile che le cose vengono fatte davvero e le promesse rispettate. Una prova di forza senza precedenti, un grande volano, insomma, per la campagna elettorale del Pd.
Non è un caso che sull'Italicum il premier ci abbia messo la faccia e sia prontissimo a porre la fiducia.
Farebbe rumore certo, ma eviterebbe il rischio che qualche voto segreto ritocchi il testo rimandandolo al Senato (dove sarebbe destinato alla palude). Renzi, invece, vuole chiudere al più presto. Con i tempi contingentati e si desume dal calendario della Camera entro la prima decade di maggio. A quel punto avrebbe davanti ancora 20 giorni di campagna elettorale.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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