da Roma
La riforma dell’Irap comincia a prendere forma. Palazzo Chigi e il ministero dell’Economia avrebbero anche deciso dove trovare una parte importante delle risorse necessarie al primo taglio dell’imposta regionale sulle attività produttive. L’imposta è destinata a scomparire per una precisa richiesta in questo senso da parte della Corte di giustizia europea, per volontà dello stesso governo e, da ieri, anche per una sentenza della commissione tributaria di Torino. Secondo i piani del governo l’Irap dovrebbe essere abolita e sostituita gradualmente, nel giro di tre anni. Un’operazione che costerà tra i 12 e i 13 miliardi di euro.
Quasi la metà della copertura - secondo indiscrezioni pubblicate ieri dal quotidiano economico Finanza e mercati - dovrebbe arrivare da un aggravio dell’Iva che passerebbe dal 20 al 21 per cento. Il governo si sarebbe convinto a imboccare questa strada perché l’imposta sul valore aggiunto muove risorse enormi, circa 100 miliardi all’anno, e quindi anche un piccolo ritocco assicurerebbe un incasso di tutto rispetto. In questo caso cinque miliardi di euro.
Sempre secondo Finanza e mercati il governo starebbe però pensando di inasprire le imposte di fabbricazione dei carburanti, 500 milioni di euro potrebbero invece arrivare dai Monopoli di stato mentre l’altra grossa fetta di copertura, 1,3 miliardi di euro, dovrebbe arrivare da un inasprimento della lotta all’evasione fiscale.
La manovra fiscale, secondo il quotidiano finanziario, dovrebbe essere approvata presto, forse già al consiglio dei ministri della prossima settimana. Quello che è certo è che gli sforzi del governo saranno concentrati proprio sull’Irap. La Corte di giustizia Ue si deve ancora pronunciare definitivamente, ma ieri l’imposta inventata dai governi di centrosinistra ha ricevuto una nuova bocciatura da parte dei giudici. Questa volta italiani. La Commissione tributaria regionale di Torino l’ha giudicata troppo simile all’Iva e perciò incompatibile con le norme comunitarie.
La sentenza ha ulteriormente alimentato le incertezze dei contribuenti e dei professionisti. Secondo un’indagine il 18 per cento dei dottori commercialisti non intende pagare l’acconto Irap in scadenza il prossimo 20 giugno. Dati che fanno temere per le entrate fiscali e che rendono ancora più urgente la riforma dell’Irap e la sostituzione dell’imposta con altre fome più razionali di tassazione. Per il momento non ci sono indiscrezioni sul tipo di tagli che il governo sta studiando. I commercianti spingono per cambiamenti che favoriscano tutti, non solo la grande impresa.
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