Dieci anni fa, il 19 gennaio 1996, Gerry Mulligan si spegneva nella sua casa-studio di Darien, nel Connecticut. Non aveva ancora 70 anni. Fra i maggiori musicisti americani, era il più legato all’Italia perché aveva sposato una signora italiana, Franca Rota, per cui teneva casa anche a Milano. Nel jazz ha lasciato un vuoto enorme come solista di sax baritono, sax soprano e pianoforte, e come compositore elegante, fra il romantico e l’ironico. Ciò malgrado, molti dei suoi dischi sono reperibili a fatica. Il decennale della scomparsa dovrebbe sollecitare le riedizioni. Per prima si presenta la Lonely Hill Jazz che pesca nelle registrazioni preziose effettuate in studio negli anni Cinquanta e Sessanta dal quartetto con Bob Brookmeyer al trombone (ma ci sono anche due brani con Chet Baker) e dal sestetto che fu una delle più ammirate formazioni di Mulligan.
Gli diamo la preferenza in questa segnalazione: oltre a Mulligan, suonano Bob Brookmeyer, Art Farmer tromba, Jim Hall chitarra, Bill Crow contrabbasso, Dave Bailey batteria. La casa discografica assicura che i 15 brani, uno più bello dell’altro e colmi di audacia e di senso dell’avventura, costituiscono una serie completa.Gerry Mulligan Sextet Lonely Hill Jazz
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