Cultura e Spettacoli

Jin Xing: io, colonnello dell’esercito cinese ora sono una ballerina

La grande danzatrice, a Venezia per presentare l’atteso «Shanghai Tango», racconta la sua metamorfosi

Enrico Groppali

da Venezia

Lei mi scruta sospettosa dietro le lunghissime ciglia.
«Ho poco tempo - si scusa - ma tra un’ora possiamo concederci un break: ha la pazienza di attendermi?». Come si può non assentire alla gentile richiesta di una sacerdotessa della danza perseguitata da chi, del tutto insensibile alla sua arte, vuole solo scrutare da vicino l’insolita metamorfosi di un colonnello dell’esercito cinese in una star? Jin Xing, ventinove anni, ora approdata nella città dei Dogi per presentare al Carnevale della Biennale Teatro l’attesissimo Shanghai Tango, gioca la manche dell’ambiguità con la consumata abilità di un giocatore di scacchi. Basta vedere come muove la manina affusolata portandosela alle labbra per soffocare un piccolo riso di gola per rendersi conto che, nella partita, sarà lei a compiere la prima mossa.
A cominciare dalla domanda iniziale «Vuole sapere com’è avvenuta la mia metamorfosi, non è così?» chiede infatti con un filo d’ironia. «Sempre sia d’accordo, naturalmente...».
Sono d’accordo, perbacco. Mi dica: com’è avvenuta?
«Per farle capire come e perché ho aspettato fino al ’95 prima di sottomettermi a tre interventi che mi hanno restituita alla mia vera natura, devo rifarmi alla situazione che regnava in Cina quando sono nata (nel 1967). Negli anni Sessanta, concetti come effeminatezza, travestimento, omosessualità erano banditi dal vocabolario».
E quando, in famiglia, si poneva il problema?
«I genitori, non appena si accorgevano che un bambino odiava i calzoncini corti e, come me, preferiva indossare gli abiti colorati e chiassosi delle sorelle, correvano ai ripari. Per questo, a solo nove anni, mio padre che era un ufficiale di carriera mi iscrisse d’autorità all’Accademia militare».
E lei cosa fece? Dovette subire il sarcasmo se non addirittura il dileggio di coetanei e insegnanti?
«Dileggio... vuole scherzare? Parliamo piuttosto di angherie, dato che gli istruttori si comportavano come i guardiani di un lager. Per questo, tre mesi dopo la mia aggregazione, mi rifiutai di prendere cibo. Meglio morire che sottostare a chi mi imponeva di imbracciare il fucile d’ordinanza, di indossare i pantaloni ascellari e lanciar granate».
Tutto questo a solo nove anni?!
«A solo nove anni, certo. Per fortuna, all’interno dell’Accademia, erano previsti dei corsi di danza. Necessari per sciogliere i muscoli e abituarsi a correre come gazzelle durante le esercitazioni. Ma era difficile accedervi».
Come mai?
«I superiori sapevano benissimo che, per evitare le fatiche dell’addestramento, i bambini sono pronti a tutto. Per questo, vista l’inutilità dello sciopero della fame, senza perdermi d’animo cominciai lo sciopero della sete».
Stavolta il trucco funzionò?
«Sì, perché avevo dimostrato del fegato».
E poi cosa accadde?
«Compresi che, se volevo evadere, dovevo far carriera. Solo a quel prezzo avrei potuto dedicarmi alla danza. Così strinsi i denti e alternai i piegamenti e le flessioni agli esercizi alla sbarra. Tanto che...»
Cosa?
«Nell’84, a diciassette anni, conquistai i gradi di colonnello insieme al diploma di primo danzatore».
Trovò subito lavoro?
«Nemmeno per sogno. Ma fui prescelto a danzare in uno spettacolo di propaganda a Parigi, alla Festa dell’Humanité».
E da allora non si è più fermato... Ma come ha fatto a espatriare? So che in quegli anni ha studiato a New York, ha vissuto a Roma...
«Ho convinto i miei superiori che avrei servito egregiamente il Paese portando in giro per il mondo la danza militare cinese. Era l’unico mezzo per conoscere Murray Louis, il grande teorico della Modern Dance in America».
E il cambiamento di sesso? Come mai è avvenuto in Cina e non negli Usa?
«Nato come uomo in Manciuria dovevo tornare dov’ero stato concepito per attuare la mia seconda nascita. Che mi ha permesso di sposarmi e di adottare tre figli...»
Poi è cominciata la sua carriera di star.

Con questi show di estenuata raffinatezza che coniugano, come è stato scritto, la disciplina delle forze armate con l’estetismo dell’Occidente. Avviene anche in Shanghai Tango?
«Shanghai è oggi l’ombelico del mondo. Il solo luogo sulla terra dove tramutare il passo in un pensiero è uno stato mistico. La mia è una danza che si apre all’infinito».

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