Joey Calderazzo che delizia quel piano solo

Franco Fayenz

Joey Calderazzo ha attraversato rapidamente l’Italia da nord a sud per tenere alcuni concerti di pianoforte solo. Ha suonato in solitudine anche nei club dove di solito si gradisce il pianoforte accompagnato quanto meno dal contrabbasso e dalla batteria. Ma c’era il suo primo cd realizzato da solo, appunto, da promuovere. Si tratta di Haiku per Marsalis Music, la casa discografica di Branford Marsalis nel cui quartetto Calderazzo è andato a sostituire Kenny Kirkland, suicidatosi alla fine del 1998, dopo aver atteso che Marsalis metabolizzasse il dolore per la perdita del suo pianista preferito. Haiku è stato accolto dagli intenditori con favore ma anche con molta sorpresa. Colpa del protagonista. Calderazzo, 51 anni, nato a La Rochelle nel Connecticut da padre di origine calabrese, ha fatto studi classici severi prima di dedicarsi al jazz nel 1987 con Michael Brecker. Da allora ha suonato quasi sempre alle dipendenze di qualcuno, riunendo gruppi suoi saltuariamente e incidendo per la prima volta a suo nome soltanto nel 1993. Diciamo senz’altro che Haiku e i concerti in solo sono una rivelazione. Calderazzo ha talento, tecnica e fantasia anche come compositore. Parla troppo dal palcoscenico (perfino quando suona) comunicando una sensazione d’insicurezza che non ha motivo di essere.

A Milano ha attinto in libertà dal disco (otto brani su dodici), ma ha conseguito il vertice espressivo con un bis scelto sul momento, il toccante Stairway to Heaven dei Led Zeppelin eseguito mirabilmente. Grande successo.

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