Jonas Brothers: giovani idoli targati Disney

I fratelli più amati dai teenager hanno venduto 10 milioni di dischi: per i loro concerti americani venduti 850mila biglietti. Debuttarono a Brodway. A novembre il tour in Italia

Jonas Brothers: giovani idoli targati Disney

Madrid - Avanti, chi ha più fiato lo usi. Di fronte al Ritz c’è una fila di ragazzini che se ne fregano dei quaranta gradi all’ombra e aspettano solo di vederli, i loro idoli. E urlano, accidenti come urlano. Età media della folla: 12 anni, massimo 13 (con genitori al seguito). Età media degli idoli, ossia i tre americanini Jonas Brothers: diciotto e rotti (senza genitori, ma con guardie del corpo extralarge). Se non fosse reale, sembrerebbe una scena da Truman Show perché tutto è perfettamente ordinato, band e pubblico. D’altronde è finita l’epoca di sesso, droga e r’n’r, adesso les affaires sont les affaires e guai a chi sgarra. E allora eccoli qui, Kevin, Joe e Nick: quando arrivano ci sono più fotografi che per gli U2, tra poco suoneranno nell’enorme Palacio De Deportes, naturalmente tutto esaurito, e l’altroieri è uscito il loro quarto album (già, il quarto) che ha un titolo in rima, Lines, vines and trying times, e un contenuto gradevole, asettico, così ben suonato che vien da chiedersi se siano stati proprio loro tre a scrivere tutte le tredici canzoni. «Ci piacciono Johnny Cash, Prince, Neil Diamond, Elvis Costello» dicono incredibilmente. Si descrivono così: «Joe è il comico, Nick il passionale, Kevin quello che ci rassicura».

In tre anni sono diventati superstar: Nick ha esordito a Broadway a sette anni, poi si sono aggiunti gli altri due fratelli e sono finiti nel regno di Disney Channel, diventando una multinazionale basata su programmi tv (la serie Jonas), cinema (il film di straordinario successo Camp Rock, l’imminente 3D Concert Movie e il prossimo Camp Rock 2) e naturalmente musica: quattro cd, centomila copie vendute solo in Italia. E, badate bene, non sono mica tre sbandati qualsiasi: non bevono, non fumano, sono cristiano evangelici e portano al dito la «fede della purezza» che indica l’astinenza da rapporti sessuali prematrimoniali. E fanno beneficenza: 1,2 milioni di dollari solo nel 2007. Insomma, bravi ragazzi che piacciono alle mamme. D’altronde questa è la ricetta dei cosiddetti «teen idols», gli idoli minorenni che, da Miley Cyrus (miliardaria) a Taylor Swift (la più talentuosa) e Demi Lovato (preparatevi, sarà una sorpresa), sono la vera panacea della discografia.

Descrizione del fenomeno Jonas Brothers: mediamente belli e mediamente dotati, portavoce di un rock canticchiabile, perfettamente confezionato ma altrettanto privo di tutti quei patemi esistenziali che danno colore a una canzone. «Per noi la cosa più importante è stare con i fan» dicono loro, e per forza: nell’epoca della solitudine informatica, la generazione di Twitter e MySpace ha bisogno talvolta di togliersi dal display e ritrovarsi faccia a faccia. Perciò questa è la funzione di questa band del New Jersey: diventare una piazza reale, concreta, dove i coetanei e i loro fratellini possano toccarsi con mano e non solo con il mouse. Sarà per questo che il loro tour americano ha appena venduto 850mila biglietti per 52 concerti e a ottobre c’erano 22mila esagitati ad aspettarli in Piazza Duomo a Milano per Trl di Mtv. E senza dubbio i tre concerti italiani (3 novembre al Mediolanum Forum di Assago, il 4 a Pesaro, il 6 a Torino) saranno esauriti in tempo reale.

«Sarà una produzione kolossal e porteremo tanti fan sul palco, vedrete quanti». Insomma, avviso ai genitori di figli in età da Jonas Brothers: preparatevi perché tra film, cd e concerti uscirne indenni sarà quasi impossibile e, in fondo, occhio che in giro c’è di peggio, molto.

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