Nel derby delle bombe carta il vero botto lha fatto lui. Nel derby degli eroi per caso, il cenerentolo che quattro mesi fa non era nemmeno nella lista degli invitati e che domenica sera invece ha spopolato è lui: Júlio Sérgio Bertagnoli (ma il cognome abruzzese, come sempre accade ai brasiliani, è un dimenticabile orpello onomastico), nato a Ribeirão Preto l8 novembre 1978, assurto quindi alla gloria calcistica alla non più verde età di trentunanni suonati. Dopo la parata sulla zampata di Mauri, degna di un cartone animato giapponese (una frazione di secondo prima a terra, una frazione di secondo dopo a deviare in calcio dangolo una palla a mezzaltezza), è stato il lunedì di gloria per il portierino giallorosso dalla faccia un po così, che magari da ieri qualcuno rischia pure di riconoscere per strada.
Dopo tre anni in giallorosso trascorse tra la tribuna e talora la panchina, a farsi stampare il nome sulla maglia facendolo vedere solo alla famiglia - fu titolare solo in unamichevole estiva - a godersi un dorato esilio romano a 447mila euro a stagione (poco per un calciatore di serie A, tanto per un cittadino comune), a JSB fu consentito finalmente di guadagnarsi lo stipendiuccio a fine agosto allOlimpico contro la Juve. Era lultima di Spalletti, ma ancora non si sapeva. I tifosi si chiesero: è quello, chi è? Poi fecero spallucce: erano giorni in cui cerano altre gatte da pelare. Spalletti se ne andò, arrivò Ranieri, ma Julio Sergio bene o male restò lì, a difendere la porta della Roma. Nel frattempo Artur, che sembrava destinato a fare il titolare, immalinconiva, Doni tornava dallinfortunio ma non veniva accolto da salvatore della Patria, Lobont finiva a «Chi lha visto?». E JSB parava, parava, parava: di piede, a volo dangelo, in ogni modo. Interventi risolutivi come gol con il Catania, con lInter, con il Bari, con lAtalanta, con il Basilea. E da «miglior terzo portiere del mondo» (parole e musica di Spalletti, a cui il preparatore dei portieri Bonaiuti aveva detto: «È inaffidabile») diventava il «nuovo Tancredi», che effettivamente ricorda per i riflessi felini e per laltezza non da pivot. Qualcuno dice ora che, se JSB è davanti a Doni nelle gerarchie giallorosse, non si vede perché non debba avvenire lo stesso nella nazionale brasiliana, e preconizza per Bertagnoli un viaggio in Sudafrica la prossima estate.
E lui? Lui sta là, zitto e para. Sa bene che al primo errore JSB qualcuno storcerà la bocca e dirà: «Lo dicevo io che è scarso». Che al secondo si apriranno i processi e che al terzo tornerà in panchina, forse in tribuna.
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